1 MAGGIO: NON SOLO FAVE E PECORINO/1

1 MAGGIO: NON SOLO FAVE E PECORINO/1


Si avvicina il Primo Maggio, Festa dei Lavoratori. Dopo che il ceto politico ci ha usurpato il 25 aprile, trasformando il giorno dedicato alla Liberazione dal fascismo e dal nazismo nel triste palco per proclami imperialisti e guerrafondai (come abbiamo scritto in un precedente post) possiamo essere sicuri che anche il 1 maggio verrà snaturato rispetto alla sua origine storica e trasformato nella giornata dedicata esclusivamente alla gita fuori porta. Quest’anno, poi, che la data cade di domenica la sua celebrazione non impensierisce il padrone neanche con la perdita di un giorno di lavoro. Tutti felici, quindi.
Abbiamo da sempre cercato di ricordare, su questo spazio, le battaglie per la difesa del posto di lavoro, partecipando attivamente laddove le condizioni oggettive ce lo permettevano. Siamo però ben coscienti che spesso solamente le battaglie giocate nelle aziende più grandi e “celebri” ottengano attenzione dai militanti e dagli altri lavoratori. Tutti sanno (o dovrebbero sapere) cosa sta accadendo da mesi negli stabilimenti Fiat o alla Bertone, mentre le lotte per la difesa del diritto al lavoro dentro molte micro-realtà (spesso neanche tanto piccole) soffrono di una colpevole invisibilità che certo non giova alla loro causa, dal momento che fa venir meno legami di solidarietà attiva e di complicità politica. Il Primo Maggio è la festa anche e soprattutto dei lavoratori in lotta, come dei precari, dei lavoratori in nero, di quelli costretti alla partita Iva, di quelli per i quali lo sciopero è un lusso e la democrazia sindacale nel posto di lavoro un sogno. In poche righe vogliamo solamente ricordare il quadro drammatico del mondo della produzione su un territorio ben specifico, il basso Lazio. Spesso inopinatamente ricordato solo per la sub-cultura politica destrorsa che lo caratterizza dai tempi del pennacchiano “canale Mussolini”, il basso Lazio ha invece una storia importante di lotte nelle fabbriche (a Pomezia, Priverno, Sermoneta, Borgo San Michele, Gaeta) e una più recente di difesa dei diritti dei numerosi immigrati della zona. A conferma di come spesso la cultura politica rimanga confinata nelle urne elettorali, mentre invece la società racconta un’altra storia. Allo stato attuale l’elenco delle fabbriche in lotta o in agitazione è clamorosamente lungo: la Nexans, la Tacconi Sud, la Gial, la Findus, la Sicamb, la Corden Pharma… In quest’ultima azienda (di proprietà del colosso Myers Squibb) gli esuberi previsti sono 267. I lavoratori della Sicamb avevano raggiunto un accordo con l’azienda che non è stato rispettato, mentre quelli della Gial presidiano i cancelli fuori dall’azienda. È la stessa cosa che stanno facendo le lavoratrici della Tacconi Sud, sulla via Pontina. A Latina, invece, i vertici della multinazionale inglese Eye Iglo (ex Findus) rifiutano la rotazione per la cassa integrazione di 152 operai. In tutte queste situazioni la lotta dei lavoratori è a un punto cruciale: la presenza – spesso maggioritaria – dei sindacati confederali sicuramente non giova al mantenimento di una posizione conflittuale e la mediazione da parte delle amministrazioni locali è limitata dall’incombenza delle elezioni a maggio. Ancora una volta i lavoratori e le lavoratrici si trovano soli. Il Primo Maggio avranno ben poco da festeggiare…