2015, sussulti e tumulti. Cosa spaventa i poteri forti mondiali?
Di Geraldina Colotti per Caracas ChiAma
“La minaccia del chavismo”. L’etichetta utilizzata da certi media spagnoli per presentare gli articoli contro il partito Podemos racchiude perfettamente il senso del gigantesco attacco dispiegato contro il Venezuela bolivariano. Minaccia per chi, se il Venezuela di Chávez e Maduro non ha mai sganciato droni né inviato truppe d’occupazione? Basta sostituire “chavismo” con “socialismo” e tutto diventa chiaro: la minaccia per i grandi potentati economici, per gli interessi delle classi dominanti a cui il chavismo ha messo un po’ di museruola. La paura dell’esempio, per quanto diluito e lontano dalla Grande Paura della rivoluzione bolscevica del 1917, che ha fatto tremare la borghesia per settant’anni. Dall’89 in poi, vecchi e nuovi padroni delle ferriere pensavano di averla fatta finita davvero. E invece no, la minaccia è ricomparsa dall’interno del proprio “cortile di casa”, l’America latina. Addirittura dallo “scombinato” – ma petrolifero – Venezuela, pronto per essere impacchettato e servito secondo il modello Fmi. Una ricetta ampiamente assaggiata dalle classi popolari durante la rivolta del Caracazo del 27 febbraio 1989: circa 3.000 morti per le pallottole di militari e polizia scatenati dal governo di Carlos Andrés Pérez (A.D, centrosinistra).
Per la cronaca, a Caracas allora governava l’attuale sindaco metropolitano Antonio Ledezma, che rispose col piombo al popolo in cerca di pane: “Mano di ferro contro gli incappucciati”, dichiarava ai giornali in nome della democrazia modello Fmi.
Dopo aver complottato contro il governo Chávez nel golpe del 2002 ed essere poi stato amnistiato, Ledezma passa dalla parte degli “incappucciati”, che oggi animano la “rivolta dei ricchi” contro il socialismo. Per i grandi media, diventa così un campione di democrazia, mentre il governo Maduro viene presentato come “un regime” autoritario che viola i diritti umani. A furor di penna e sull’onda di una gigantesca velina di polizia, eversori e golpisti vengono trasportati nell’Empireo delle Vittime Meritevoli, mentre una democrazia votata e confermata per 15 anni e 19 elezioni, viene dipinta come una dittatura allo sbando, incapace di contenere al suo interno gli anticorpi di un’opposizione pacifica.
Perché una mucca che bruca si metta a volare, bisogna capovolgere il quadro, presentare la realtà al contrario. A questo, pensano i grandi media. La pratica è nota: menzogna e discredito, allarmi e spettacolo. L’anno scorso, a ispirare i titoli dei grandi giornali italiani era la coppia di “guarimberos” che si baciava dopo aver tirato una molotov durante la rivolta dei ricchi. Oggi, è la soubrette oltranzista a essere celebrata sotto il titolo: “le donne contro Maduro”. Che le donne siano l’ossatura del socialismo bolivariano, presenti a tutti i livelli di governo e di piazza, non interessa l’articolista.
E qualcuno si è chiesto: mentire sui diritti umani è un diritto umano? I mezzi di comunicazione hanno il diritto di ripetere un’informazione non veritiera anche quando se ne è comprovata la falsità? E i difensori dei diritti umani hanno il diritto di avallare con la loro “autorità” le denunce menzognere? E’ quanto è successo dopo l’arresto di Ledezma: nonostante i video del suo arresto mostrassero che non vi era stata violenza alcuna; nonostante le dichiarazioni del suo stesso avvocato, il sasso era già stato lanciato: sia dalla grancassa mediatica, sia dalle Ong e dai professionisti dei “diritti umani”. E a nulla è servito smentire. E a nulla sono servite le repliche basate sui fatti o su sensate considerazioni, in primo luogo la seguente: come può un’opposizione che si dice perseguitata e repressa avere così tanti mezzi, tanto potere di comunicazione e agibilità per governare e cospirare, in Venezuela e fuori? E perché le destre delegittimano il Consiglio nazionale elettorale (Cne) quando non dà loro ragione, ma vi fanno ricorso quando devono organizzare le loro primarie riconoscendolo come un garante imparziale?
Per tornare a Podemos e allo Stato Spagnolo, le destre venezuelane hanno ottenuto le prime pagine dei giornali perché stanno per consegnare una denuncia penale contro Monedero: sostengono che, in dieci anni, il governo venezuelano ha consegnato circa 14 milioni a Podemos. La “minaccia del chavismo” … La minaccia del socialismo, per combattere il quale il fine giustifica i mezzi. A Podemos come a Syriza (“Il Chávez dei Balcani”, si è titolato per Tsipras) si chiede di dissociarsi da due questioni fondamentali: dal chavismo e dagli indipendentisti di Eta. Ora, considerando che per un paese europeo il modello “chavista” è necessariamente solo una suggestione e che l’organizzazione Eta sta perseguendola possibilità di una soluzione politica, il ricatto semantico va declinato altrimenti: si richiede la dissociazione dal socialismo, dal conflitto di classe e da quello anticoloniale. Un ricatto che preme da due lati sul governo Maduro: quello dell’attacco frontale portato con le “guarimbas” di piazza e con quelle mediatiche, ma anche il ricatto in forma di richiesta del “dialogo” e della “conciliazione nazionale”. In ogni caso, l’intento è chiaro: minare il socialismo fino a farlo cadere, oppure zavorrarlo in modo tale che non possa più incidere e venga mandato a casa dai suoi stessi elettori.