21 Maggio: agire localmente, pensare globalmente
Ieri nei giardini di Piazza Vittorio si è tenuta un’importante e partecipata assemblea cittadina per preparare la mobilitazione nazionale contro il Global Health Summit. Per chi si fosse perso qualche passaggio lo scorso 7 aprile, in occasione della Giornata mondiale della Salute, il governo italiano e la Commissione europea avevano infatti rilanciato dai propri canali ufficiali l’appuntamento di Roma inserendolo nell’agenda del G20 a presidenza italiana.
Non si tratta in questo caso, come ha scritto erroneamente qualcuno, del “G20 della salute”, ovvero dell’incontro interministeriale che pure si terrà a Roma, ma ad inizio settembre, quanto piuttosto di un vertice, per l’appunto “globale”, dal significato eminentemente politico e simbolico che vedrà riuniti i capi di stato e di governo dei paesi imperialisti nonché di un’altra ventina di paesi invitati insieme ai vertici delle grandi agenzie internazionali come l’OMS, il WTO e la Banca mondiale. Un vertice che dunque ci impone l’ambizione di coniugare, come si diceva qualche anno fa, un’azione “locale” ad un pensiero “globale”, oseremmo dire internazionalista.
Non a caso Roma era stata individuata già dallo scorso autunno come meta simbolica di questo pellegrinaggio dall’allora Presidente del Consiglio Conte e dalla Presidente Ursula Von der Leyen. Prima che le nuove ondate pandemiche scuotessero il pianeta il vertice era stato infatti immaginato in presenza e avrebbe dovuto certificare il successo della gestione capitalistica della crisi sanitaria proprio nel paese considerato l’epicentro della stessa. La dura realtà di questi mesi li ha però costretti, almeno in parte, a rimandare questa passerella ad ottobre facendoli così ripiegare su una formula “ibrida” che quel giorno vedrà la partecipazione in presenza di Draghi e della Von der Leyen, mentre gli altri saranno ancora costretti in videoconferenza.
Questo, ovviamente, non diminuisce affatto l’importanza del vertice. Nelle intenzioni dei capi di stato delle 20 più grandi economie capitalistiche, il summit dovrebbe infatti rispondere all’esigenza di discutere e concordare a livello globale le strategie mirate ad adeguare i rispettivi sistemi medico-sanitari al crescente rischio di ulteriori pandemie, un’ipotesi, dunque, che anche per bocca degli stessi “grandi della Terra” non è più considerata in forma episodica, ma che appare sempre più come l’inevitabile ricaduta sistemica dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura. E che l’esito di questo vertice non sia affatto scontato lo dimostra anche la contraddizione che proprio in queste ore sta esplodendo intorno alla questione della sospensione temporanea dei brevetti sui vaccini vaticinata da Biden. Da una parte la strenua difesa della sacralità della proprietà privata, dall’altra la cinica consapevolezza che i brevetti sui vaccini rischiano di rappresentare un intralcio insormontabile alla ripartenza dell’economia. Una contraddizioe da cui sarà impossibile uscire finché i vaccini, ma più in generale la saluta, saranno considerate una merce.
Al di là della retorica ufficiale, delle dichiarazioni congiunte e delle photo opportunity, sappiamo bene quindi quali sono le loro reali intenzioni e soprattutto sappiamo cosa queste comporteranno in termini di politiche concrete. E lo sappiamo perché in questi mesi abbiamo sperimentato sulla nostra pelle il costo umano di decenni di progressivo de-finanziamento e gestione privatistica della sanità pubblica e dell’attacco generalizzato al diritto alla salute, così come i continui tagli nel settore della ricerca pubblica. Ma più di ogni altra cosa lo sappiamo perché abbiamo ben chiaro cosa ha significato e cosa continua a significare in generale la gestione capitalistica della pandemia per i lavoratori e per le classi popolari.
Il 21 lorsignori proveranno a rivendicare questa gestione ritagliata ad uso e misura degli interessi delle rispettive borghesie nazionali, sicuramente in forme diverse, ma comunque tutte volte al mantenimento a qualsiasi costo della produzione e dei profitti, senza alcuna garanzia per la salute delle lavoratrici e dei lavoratori.
Sempre più intenzionati a trasformare l’emergenza in normalità, anche i governi che si sono succeduti nel nostro paese non hanno diretto in nessun modo i loro sforzi a rimuovere i principali ostacoli al superamento della pandemia. Non uno sforzo è stato profuso nella direzione di rilanciare il SSN con investimenti e riaperture e prova ne sono le decine di ospedali in giro per l’Italia che si trovano nuovamente – esattamente come a marzo dell’anno scorso – in una condizione di cronica saturazione. Nulla è stato fatto per il rilancio della sanità territoriale o per il rafforzamento del tracciamento e della prevenzione.
Sono queste le ragioni che ci porteranno in piazza il 21 in una giornata che rappresenterà, però, solo la prima tappa di un percorso che dovrà riuscire a portare i lavoratori e i movimenti sociali sempre a Roma, a fine ottobre, ad opporre un’alternativa di lotta ai 20 “grandi della Terra”, rispondendo con la mobilitazione internazionalista agli appuntamenti internazionali dei padroni lungo tutti i sei mesi che mancano a quell’appuntamento.
Sappiamo chi è il nemico di classe, sappiamo dove si riunirà, sappiamo dove andremo.
Un nemico, un fronte, una lotta!