24 novembre: le cinque fasi della “depressione fascista”
Prima o poi bisognerà davvero pensare a mettere in piedi uno di quei gruppi di auto aiuto per i fascisti del terzo millennio, uno sul genere “Futuristi Anonimi”, di quelli in cui ad un certo punto della seduta un tipo chiaramente sovrappeso e complessato si alza, prende la parola e dice: ciao sono Gianluca, sono di casaclown, e non marcio per il centro di Roma da tantissimi anni. E gli altri tutti intorno a cercare di applaudire, incapaci però perfino di riuscire a far sbattere la mano destra contro quella sinistra. Se scriviamo questo è perché siamo seriamente preoccupati per loro; la frustrazione è una brutta bestia e se ingoiata più e più volte rischia di portare lo sfigato di turno a deprimersi fino al punto di progettare qualche gesto insano, magari addirittura buttarsi da Ponte Milvio zavorrato dai lucchetti della generazione Moccia. Della serie: io e te tre metri sotto al Tevere. Ma procediamo con ordine ricapitolando le diverse fasi cliniche di questa patologia sociale conosciuta anche come “depressione del fascista”.
Prima fase: l’euforia. Ovvero quando da dietro una tastiera ti senti il padrone del mondo. Dagli inizi di Ottobre sui profili facebook di questi fenomeni iniziano a comparire messaggi sibillini che lanciano un misterioso quanto imperdibile appuntamento per il 24 novembre. Nessuno dice cosa accadrà, tutto è accuratamente tenuto in gran segreto, ma il tono è quello enfatico delle grandi occasioni: “la rivoluzione inizia con un ballo”, “sarà il più bel giorno della tua vita”, “chi viene vale e chi non viene è un vile” e bla bla bla continuando. C’è chi preannuncia adesioni dal resto d’Europa, chi velatamente allude ad altre marce di antica memoria, chi straparla di rivoluzioni… e se credete che sia frutto delle nostre esagerazioni leggetevi pure i vaneggiamenti qua sotto a mo’ di esempio.
Confessiamo facendo un po’ di autocritica di averli sopravvalutati e che per qualche settimana anche noi ci siamo interrogati su cosa potessero avere in mente. Qualche compagno ha pure provato a dire che magari stavano organizzando un semplice corteo, ma tutti a rispondergli: un corteo? e sarebbe quello il più bel giorno della loro vita? No vedrai, questi vogliono fare qualcosa di eclatante, e invece…
Seconda fase: il progressivo ridimensionamento dei propri obiettivi. E invece dopo oltre un mese di proclami roboanti è venuto fuori che si trattava proprio di un banalissimo corteo, uno di quelli che i compagni fanno decine di volte all’anno addirittura interrogandosi se abbiano ancora un senso. A naso la sensazione è che la mobilitazione fosse stata pensata subito dopo le dimissioni della Polverini e che dovesse essere una sorta di carosello elettorale a ridosso del 16 dicembre, giorno che in quel periodo veniva indicato come probabile data delle elezioni. In tal caso si tratterebbe di un altro chiaro sintomo della malattia di cui stiamo parlando: l’elettoralatio precox. Fatto sta che nonostante la fretta gli “squadristi mediatici” vengono addirittura anticipati dal loro ex camerata Castellino, che il 10 novembre sfila per il quartiere Prati alla testa dei quattro gatti della sua nuova creatura politica (l’ennesima) al grido di “euroribellione”. Ciò nonostante i cameratti stampano migliaia di manifesti extralarge in quadricromia investendo migliaia e migliaia di euro per lanciare la loro manifestazione nazionale. Arrivati a questo punto ci sarebbe da chiedersi dove prendano tutti questi soldi, ma sappiamo che la domanda risulterebbe retorica. La loro intenzione dichiarata è quella di arrivare fino ai palazzi del potere, annunciano di voler sfilare contro il governo, i banchieri, la casta e indicano per il loro corteo un percorso che va da Piazza della Repubblica fino al Colosseo. Ovviamente, come si usa in questi casi, viene immediatamente indetto un contro presidio antifascista per mettere in imbarazzo la Questura muovendo un problema di ordine pubblico: stessa ora, nei pressi di Casapound e del loro percorso, e mò che fate? Salomonicamente la controproposta delle istituzioni è: corteo da piazza Mazzini fino a Ponte Milvio per casaclown, presidio stanziale in piazza Esquilino per gli antifascisti. Tanto a presidiare il palazzo di via Napoleone III ci avrebbero pensato – come infatti poi è stato – un numero di blindati superiore a quello che di solito presidiano il Parlamento.
Terza fase: l’ insicurezza. Di fronte ad un aut aut del genere qualsiasi organizzazione politica degna di tale nome avrebbe cercato perlomeno di tenere il punto, dimostrando di voler mantenere la piazza annunciata urbi et orbi ormai da settimane anche a costo di dover forzare la situazione. Soprattutto perché il percorso alternativo era (come poi si è rilevato) assolutamente ridicolo e insignificante. Con i palazzi del potere alle spalle e lontanissimi, il centro politico della città altrettanto lontano e la tua manifestazione nazionale confinata in un quartiere di uffici che nei fine settimana si svuota quasi completamente. Insomma un corteo che non si muove verso nessun obiettivo concreto, a meno che non si vogliano considerare tali la piazzetta della movida della Roma bene o i lucchetti su Ponte Milvio, e che è di fatto impossibilitato a comunicare con nessun altro che non siano i propri militanti. Un altro chiaro sintomo della malattia in questione: l’onanismo politico. A pensarci bene però sarebbe stato strano il contrario visto che casaclown non ha mai (MAI!) avuto “confronti” con guardie e affini, anzi almeno qui a Roma ha sempre aperto sedi o attività commerciali in prossimità di caserme, commissariati o uffici dei servizi (controllare per credere). E qui ci vorrebbe un’altra domanda retorica che però evitiamo anche solo di scrivere per non sembrare troppo ingenui.
Quarta fase: la frustrazione. Non c’è cosa peggiore, però, di veder fare ad altri quello che tu ritenevi fosse addiritura impensabile: violare un divieto della questura e conquistare un corteo. Perchè è proprio in casi come questi che subentra quella frustrazione cronica da cui non riesci più a liberarti e che segna l’ultimo scalino prima del baratro. Il presidio antifascista indetto in contemporanea con la manifestazione di casaclown si gonfia come non accadeva ormai da anni per un’occasione del genere fino a trasformarsi in un corteo di alcune migliaia di persone che scende lungo via Cavour, gira sui Fori Imperiali ed arriva al Colosseo. Cioè un corteo che fa esattamente il percorso che loro avevano chiesto e che gli era stato vietato. E lo fa senza senza autorizzazioni. Roba da ubriacarsi col Maalox.
Quinta fase: la rimozione della realtà. E arriviamo dunque alla fase finale della malattia, quando i soggetti in questione cominciano a delirare perdendo definitivamente il contatto con la realtà. L’altroieri a fine serata i fasciofuturisti dichiaravano niente di meno che 10000 partecipanti al corteo. Ora potremmo dire che c’eravamo anche noi, che li abbiamo contati, che poco prima di partire occupavano solo un emiciclo di piazza Mazzini, che i giardini al centro della piazza erano vuoti, che nei pressi c’erano solo una decina di pulmann parcheggiati, che a essere generosi saranno stati intorno ai 2000, potremmo dire tutto questo e altro ancora ma ci fareste notare che è solo la nostra parola che come è ovvio è di parte. Anzi, è partigiana. Allora per amore dell’oggettività e considerata la passione dei cameratti per l’ordine, oltre che la tendenza a disporsi in maniera marziale in file precise da 5, diamo spazio alla matematica. Quella scienza che dice che se disponi 10000 persone in file da 5 distanziate tra loro di 1,5 metri finirai con lo sviluppare un corteo lungo 3000 metri, 3 km, e senza contare la distanza fra gli spezzoni. Ovvero l’esatta distanza che separa Piazza Mazzini da Ponte Milvio (vedi). Quindi almeno a sentir loro mentre il primo degli stronzi arrivava sotto il palco del comizio l’ultimo degli stronzi doveva ancora partire, insomma se fosse stato vero più che di un corteo si sarebbe trattato di una sorta di catena umana. Adesso capite perchè diciamo che c’hanno bisogno di un psichiatra? Ma de uno bravo però!