i cinque, il colonialismo culturale e le piante grasse

i cinque, il colonialismo culturale e le piante grasse

volveran

da cdr-roma.org

Ieri sera, allo stadio Teneo Borghese di Nettuno, Cuba affrontava gli USA nella semifinale del mondiale di Baseball. Un occasione troppo ghiotta per non cercare di utilizzare quel palcoscenico mediatico allo scopo di raccontare a quante più persone possibili la gigantesca ingiustizia perpetrata dall’amministrazione statunitense ai danni di cinque compagni cubani. Su questo blog abbiamo gia scritto abbondantemente in merito per cui non ci ritorneremo sopra, salvo ricordare che gli anni di prigionia sono ormai 11 e che da qualche mese ogni via giudiziaria alla risoluzione del caso sembra definitivamente preclusa. L’unica possibilità di riportare a casa quelli che a Cuba vengono giustamente considerati 5 eroi sta dunque nella intensificazione della campagna mondiale di solidarietà. Ma torniamo a noi. Alcuni compagni di Nettuno ci avevano preavvisato che difficilmente la questura avrebbe fatto passare striscioni con riferimenti politici (a tal proposito: che nessuno venga più a vantarsi della libertà d’espressione occidentale) per cui ci eravamo organizzati per “aggirare” il divieto trasformando noi stessi in uno striscione. Tredici magliette bianche e su ognuna di esse una lettera per comporre, a caratteri cubitali: free the cuban 5. Come al solito arriviamo tardi (il traffico, il lavoro, le mezzore di ritardo accademico) e ci scapicolliamo dentro lo stadio giusto in tempo per gli inni nazionali. Il colpo d’occhio è rincuorante, dagli spalti sventolano solo bandiere cubane tenute alte dai compagni di Italia-Cuba e di altre associazioni (che evidentemente hanno avuto la nostra stessa idea) e da un gran numero di cubani residenti in Italia che danno vita ad una piccola ma rumorosa torcida. Tra loro riconosciamo tutti i membri dell’ambasciata con cui ormai da anni collaboriamo ed anche loro cantano ed hanno cartelli e bandiere in mano. Per intenderci, è un po come se ai prossimi mondiali di calcio in Sudafrica il personale diplomatico italiano andasse a seguire la partita in curva… ce li vedete voi? Dopo i saluti, mentre gli altoparlanti diffondono la bayamesa, raggiungiamo la porzione di spalti a favore di telecamere e iniziamo a prepararci, il cielo ci da il primo segnale che, se non fossimo atei e materialisti, potremmo interpretare come una prova lampante dell’esistenza di dio: l’inno statunitense non parte. Anzi, dagli altoparlanti si sente chiaramente un’accompagnatore degli USA lamentarsi in inglese per quello che, evidentemente ritiene  uno sgarbo intollerabile, mentre tutto lo stadio ride. Tocca a noi. Le squadre si dispongono in campo e noi ci togliamo giacchetti e doppie magliette fino a ricomporre lo” striscione umano”, ognuno tiene alto il ritratto di uno dei 5 reclamandone ad alta voce la liberazione. E qui accade qualcosa che, pur nella sua pochezza, è comunque sintomatico di quali rapporti intercorrano tra un paese suddito (l’Italia) ed uno dominante (gli USA). Arrivano di gran carriera Digos e polizia, un funzionario col fiatone ci intima di metterci seduti e di fronte al nostro rifiuto (anche perchè il resto dello stadio sta seguendo la partita in piedi) minaccia di portarci in commissariato. Tra l’ilarità e lo stupore gli chiediamo quale sia il reato che ci viene contestato, ma è come parlare con una pianta grassa, ormai il tipo ha inserito lo sbirro automatico e continua a ripetere come un mantra di metterci seduti. Qualcuno, senza forse neanche rendersi conto dell’idiozia contenuta nella richiesta, ci chiede di toglierci le magliette pretendendo di lasciarci tutti a torso nudo. Fatto sta che se lo scopo era quello di occultarci hanno ottenuto l’effetto contrario. Il capannello attira l’attenzione del cameraman e la richiesta di liberazione dei 5 va in diretta in mondovisione. Un cronista della Gazzetta dello sport (non mettetevi a ridere) si avvicina incuriosito e chiede le ragioni della protesta riportandole nell’articolo uscito questa mattina sulla versione cartacea della rosea. Insomma, quello che si poteva fare è stato fatto. C’è però un altro dettaglio che ci ha lasciato sinceramente perplessi. Quella qui sotto è la pubblicità istituzionale dei mondiali e ritrae una squadra italiana (il Nettuno) mentre innalza stile Iwo jima la bandiera… a stelle e strisce??? Diteci voi se non siamo una colonia culturale? Un livello di “zerbinismo” da far impallidire chiunque, ci mancavano solo i funzionari con la scritta “wellcome” tatuata sul petto.

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