attenti alla gobba, attenti allo scalone
“I conti dell’INPS sono in rosso“, “l’Italia sta invecchiando per cui bisogna mettere mano al sistema previdenziale prima che sia troppo tardi“, “è finito il tempo delle vacche grasse“, ecc ecc. Se ricevessimo un euro per ogni volta che abbiamo sentito o letto questa litania potremmo finanziare la guerriglia in Colombia per svariati anni. Politicanti di centrodestra e di centrosinistra ce l’hanno ripetuta fino alla sfinimento, era come un mantra, anzi era il mantra del neoliberismo. E invece? Tutte cazzate. Martedì prossimo il consiglio di indirizzo dell”Istituto Nazionale di Previdenza Sociale approverà le nuove previsioni di bilancio del 2009 secondo le quali quest’anno (e nonostante la crisi) le casse dell’INPS vedranno utili per ben 5,9 miliardi di euro. Nel 2008 l’utile era stato di 6,8 miliardi di euro, stessa cifra che nel 2007, e attualmente si stima che il patrimonuio netto dell’Istituto sia in avanzo per ben 45 miliardi di euro anche grazie al contributo dei lavoratori migranti. Cifre più che lusinghiere, quindi, e che fanno a cazzotti con le previsioni di quelle cassandre dei conti pubblici che proprio in nome della quadratura di bilancio hanno tagliato (anzi, come dicono loro, razionalizzato) a destra e a manca. Sabato scorso il Corsera riportava una stima secondo cui con un’inflazione al 2% (ma sappiamo bene che nella realtà è sempre più alta) e una crescita reale del PIL del 1,5% (che visti gli attuali chiari di luna è roba da boom economico) un dipendente che abbia iniziato nel 2000, ritirandosi con 35 anni di contributi, percepirà una pensione pari al 51% dell’ultimo salario. Una vera e propria miseria, soprattutto se teniamo conto che viste le dinamiche occupazionali dominanti (contratti “atipici” e lavoro intermittente) riuscire a mettere insieme 35 anni di contributi sarà un vero e proprio miracolo. A ben vedere anche la famosa “gobba”, lo spauracchio agitato da anni da tutti i liberisti, il momento in cui la popolazione inattiva supererà quella attiva, è una emerità cazzata che non tiene conto di due cose: i flussi migratori e, soprattutto, la produttività. Le proiezioni demografiche che sono alla base di tutte le (contro)riforme fin qui succedutesi, ma soprattutto di quella Dini con cui si è passati dal regime retributivo a quello contributivo, prevedono che il “periodo critico” (la gobba) si verificherà a cavalllo del 2040. Queste proiezioni, però, sono elaborate sulla base di flussi migratori irrisori (150mila persone all’anno) per cui, udite udite cari fascioleghisti, basterebbe far entrare regolarmente più lavoratori stranieri per garantire la pensione agli italiani. L’altro elemento che viene pretesuosamente omesso in tutti i ragionamenti sul sistema pensionistico è poi quello della produttività legato alla continua innovazione tecnologica e all’innalzamento dei ritmi di lavoro. Perchè sarà anche vero che in media un lavoratore vive di più rispetto al passato (sta a vedere che dovremmo pure sentirci in colpa per questo), ma è altrettanto vero che nella stessa unità di tempo un lavoratore oggi produce 100 volte di più che nel passato, e i salari non sono certo aumentati di 100 volte, anzi, il loro potere di acquisto si è fortemente ridotto. Questo significa, tradotto in soldoni, che negli ultimi decenni tutta questa ricchezza sociale è diventata profitto e se la sono mangiata i padroni destinando ai lavoratori solo le briciole. Non contenti, oltre a mangiarsi il salario diretto questi maiali si stanno sbafando anche quello differito nel tempo (ovvero le pensioni). Se solo esistesse una classe “per se”, se solo esistesse un organizzazione degna di tale nome, potremmo provare a mandargli di traverso il boccone. Però, come recita un detto romano: coi se e coi ma, la storia nun se fa!