L’Università e il Lavoro
Ieri è avvenuto un fatto importante e significativo: siamo riusciti a portare il lavoro all’università. Siamo riusciti ad organizzare un’iniziativa sul lavoro nella facoltà di lettere e filosofia, una iniziativa con rappresentanti della FIOM e dei sindacati di base che parlasse del malessere dei lavoratori, dell’attacco al contratto nazionale, della condizione del sindacato, dello sciopero generale. E tutto questo di fronte a quasi cento persone, molte delle quali studenti e studentesse della facoltà. Non nascondiamo la felicità per la riuscita dell’iniziativa, che ha visto tra le altre cose l’inizio di un dibattito su come e quando lanciare lo sciopero generale, che sarà il vero obiettivo e punto di riferimento per la politica e la nostra politica di qui ai prossimi mesi. Perché è questa la grande anomalia italiana: mentre nel resto d’Europa (pensiamo alla Grecia, o alla Francia) gli scioperi generali si susseguono senza soluzione di continuità, riuscendo anche a bloccare davvero la produzione e i movimenti di capitali, in Italia il solo nominare lo sciopero fa riemergere in chi ci governa l’incubo degli anni belli. E’ uno dei tanti esempi di come sia caduta in basso la politica e la conflittualità del lavoro in Italia. Da esempio positivo per gli altri popoli europei a territorio dell’a-conflittualità lavoratrice. Forse, si ragionava ieri, proprio per l’onnipresenza anestetizzante di grandi sindacati e grandi partiti formalmente di sinistra ma ideologicamente e socialmente legati al capitalismo liberista. Che bloccano e tarpano le ali ai movimenti sindacali o sociali che invece hanno tutta la volontà di esprimere il loro dissenso organizzato verso questo modello di sviluppo.
La discussione è stata proficua, con diversi punti di vista, segno che anche all’interno del mondo sindacale non c’è assolutamente unanimità su come proseguire il percorso iniziato con le battaglie di Pomigliano e proseguito con la grande manifestazione del 16 Ottobre. E questo è stato forse il grande merito del dibattito, mettere in campo le diversità di opinione per confrontarsi e capire quali strumenti predisporre per arrivare nel momento e nel modo giusto alla proclamazione dello sciopero generale. Certo, l’elezione della Camusso alla segreteria nazionale della CGIL non faciliterà le cose, e infatti il comportamento del sindacato sarà uno degli aspetti da decifrare, per capire se quanto proclamato dal palco del 16 Ottobre sia stato solamente un assecondare gli entusiasmi della piazza o una convinzione concreta. Ma su una cosa si è raggiunta crediamo una convergenza fra i relatori ed il pubblico: la necessità, da parte nostra, dei movimenti, delle associazioni e dei sindacati di base, nonché della stessa FIOM, di essere noi dal basso, nei posti di lavoro come nei territori e nelle periferie urbane, di iniziare una campagna politica e sindacale che punti alla proclamazione dello sciopero. Perché se sciopero sarà, non dovrà essere solo dei lavoratori contrattualizzati e sindacalizzati, ma dovrà essere uno sciopero di chiunque si opponga a questo modello economico che ha prodotto la crisi. Uno sciopero che coinvolga, oltre ai lavoratori dipendenti salariati, anche il vasto mondo del precariato, degli studenti, dei disoccupati, dei senza reddito, di chi un lavoro neanche lo cerca più. Insomma uno sciopero generale che coinvolga la società, e che metta in campo la propria forza e la proprie diverse forme d’organizzazione per bloccare davvero il paese e la produzione. Dobbiamo colpire i padroni in quello a cui più tengono: il loro profitto. Nel resto d’Europa ci stanno riuscendo, facciamolo anche noi!