la mamma dei gusanos E’ sempre incinta

la mamma dei gusanos E’ sempre incinta

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da cdr-roma.org

La dignità non è cosa che si compra al mercato, o ce l’hai o non ce l’hai. E in quest’ultimo caso è anche difficile riconoscerla ed apprezzarla. E’ il caso questo di Omero CIAi, “cubanologo” de La Repubblica che da anni intrattiene i lettori del giornale fondato da Scalfari con divertentissime previsioni sulla caduta imminente del “regime” cubano. Previsioni che poi la realtà si prende la briga di smentire implacabilmente. Ma tant’è. Confidando sulla scarsa memoria dei lettori il nostro valoroso cronista continua a pontificare di cosa cubane da una villa di Coral Gable, a Miami, e trasforma in “notizie” quelle che  a ben vedere sono solo le speranze frustrate degli anticastristi della Florida. Questa volta il casus belli sono le riflessioni del compañero Fidel pubblicate sul sito cubadebate dopo le “aperture” di Obama che mettono fine alle limitazioni per le rimesse ed i viaggi dei cubani residenti negli USA. In sostanza Fidel (leggi), pur riconoscendo le timide aperture del presidente statunitense, torna a porre la questione dell’abolizione dell’ultracinquantennale blocco economico che strangola l’economia cubana. E CIAi sulle pagine della Repubblica è quasi incredulo, ma come, sembra dire, il presidente dell’impero ti porge la mano e tu hai la sfacciataggine di non baciargliela. Anzi rilanci reclamando di voler parlare da pari a pari. Per il giornalista è una cosa inaudita, del resto è espressione di paese da sempre genuflesso di fronte al potente alleato. Si pensi solo ai casi del Cermis o dell’assassinio di Nicola Calipari. E allorà ecco l’invenzione, in realtà la presa di posizione di Fidel sarebbe uno sgarbo al più pragmatico fratello Raul. E allora vai con le favolette delle due linee che attualmente si scontrerebbero dentro al PCC, quella cinese e quella venezuelana. Per perorare la sua causa CIAi mette nel calderone le recenti rimozioni di Felipe Roque e Carlos Lage, dipingendoli entrambe come dei duri e puri di provata fede fidelista. Peccato, però, che Lage fosse unanimemente riconosciuto proprio come un pragmatico, eventualmente molto più vicino alle ipotetiche posizioni rauliste, e che sia il padre delle riforme con cui Cuba affrontò il periodo especial. Mentre per Felipe Roque il discorso è assai diverso, ed attiene alla modalità con cui i cubani, da sempre,  affrontano il mutare del contesto internazionale. Senza farla troppo lunga e semplificando: Roque era adatto per la fase precedente, quella degli scontri feroci con l’amministrazione USA, mentre oggi l’interlocutore è diverso e sono necessarie caratteristiche, anche umane, differenti. Insomma, come, al solito CIAi non c’ha capito un cazzo, o così finge.