Dear Spike, do the right thing: chiedi scusa ai partigiani!
Le riflessioni che seguono sono di una compagna, prima ancora che giovane storica, dell’Università La Sapienza di Roma. Abbiamo ritenuto opportuno riproporle pubblicamente, anche se ci erano giunte in forma privata, perché ne condividiamo ogni parola ed ogni riga e perché meglio di molti altri articoli prodotti da “addetti ai lavori” colgono il pericolo insito nel revisionismo mediatico.
Spero che il film di Spike Lee sia talmente noioso da allontanare il pubblico medio dalle sale: però ne dubito, perché il cinema americano è abile nel muovere i sentimenti e già l’aver inserito la parola “miracolo” nel titolo – termine che, si sa, in un paese di santi, poeti e navigatori non passa mai di moda – attirerà frotte di spettatori. Non ho visto questo film – e forse neanche lo vedrò – però penso sia piuttosto pericoloso a livello di penetrazione nelle coscienze. E non solo per i contenuti veri e propri del film (che comunque non si possono sottovalutare), ma soprattutto per tutto lo pseudo-dibattito che gli gira e gli girerà intorno. Ci troviamo in un contesto in cui non è il film di per sè ad essere significativo, ma le parole che vengono dette su di esso: chi è più convincente vince il consenso delle masse, manipolate al fine di screditare la Resistenza. A questo punto il film è solo un mezzo per veicolare certe idee, non ha valore in se stesso. Ed è per questo che si tratta di un film pericoloso.
È pericoloso perché, in tempi di riconoscimenti di merito verso i repubblichini, attribuire responsabilità in una strage nazifascista (e sottolineo il “fascista” accanto al “nazi”) ad un partigiano che avrebbe tradito non fa altro che rafforzare l’immagine negativa dei partigiani che si vuole imporre a livello di massa (non solo criminali e assassini, come li vuole Pansa, ma anche traditori ed infami).
È pericoloso perché dell’eccidio di Sant’Anna furono responsabili tedeschi e repubblichini, ne furono responsabili consapevoli. Non fu una rappresaglia e, comunque, quella della “rappresaglia” è solitamente solo una scusa che apre le porte a ricostruzioni revisioniste: ci furono azioni partigiane che non furono seguite da rappresaglia e stragi nazifasciste che non furono precedute da azioni partigiane; le azioni partigiane non sono mai state “condiciones sine qua non” per le stragi nazifasciste né sono mai state ad esse legate con un rapporto necessario di “causa-effetto”.L’eccidio di Sant’Anna fu un atto terroristico pianificato al fine di seminare paura tra la popolazione e di rompere i collegamenti tra essa e i partigiani. E questo lo dicono la Procura militare di La Spezia e la Cassazione.
È pericoloso perché sbiadisce e cancella le figure dei collaborazionisti italiani (quelli che vengono fatti poi passare da poveri “vinti”innocenti crudelmente uccisi alla fine della guerra): furono dei collaborazionisti, infatti, a portare i nazisti a Sant’Anna, e non dei partigiani traditori, come vuole far credere Spike Lee. Alcuni collaborazionisti, il giorno prima della strage, portarono in salvo le loro famiglie lontano da Sant’Anna.
È pericoloso perché quei filmati che passano nella metropolitana tipo tg, stasera titolavano “partigiani contro Spike Lee”, come se il problema fossero le paturnie di quattro vecchietti mezzi rincoglioniti e con un piede ormai nella fossa e non un’offesa alla coscienza storica, politica e civile di tutto un paese.
È pericoloso perché su wikipedia (che riflette più di altri “luoghi” gli umori della gente), a proposito del film,si legge “all’inizio delle riprese il film è stato accusato dall’Anpi di revisionismo, poiché secondo i partigiani sopravvissutila strage fu un atto premeditato e non una rappresaglia, come asserisce il film”(http://it.wikipedia.org/wiki/Miracolo_a_Sant%27Anna),facendo così nuovamente passare l’idea delle solite paturnie dei soliti quattro vecchietti, quando invece ci sono la storia, e anche delle sentenze (anche se la storia non si fa certo nei tribunali), che affermano che non si trattò di rappresaglia. Per non parlare poi del fatto che non fu una strage di partigiani, ma di civili, di donne e bambini e che, quindi, parlare di “partigiani sopravvissuti” è falso e fuorviante.
È pericoloso perché Spike Lee, perfettamente calato nella veste di utile idiota della destra criptofascista italiana (ormai pochissimo “cripto”), si mette a pontificare sulla sempre peggiore “Repubblica” e a dire che, visto che lui all’inizio del film ha messo un cartello con scritto che si tratta di “un’opera di finzione ispirata a fatti storici”, può allora mettere inscena quello che gli pare, come se non sapesse benissimo che le impressioni, le emozioni e le conoscenze che penetreranno, attraverso il suo film e attraverso il dibattito che lo circonda, nelle coscienze degli spettatori diventeranno l’idea che essi hanno sulla vicenda. Se proprio si vuole fare un’opera di finzione, che bisogno c’è di ambientarlo a Sant’Anna? Come ha scritto Bocca, “una tragedia come quella di Stazzema non la si inventa o non la si cambia per fare un film”. Poteva raccontare la storia che preferiva ambientandola nel Paese dei balocchi, senza evocare una delle più sanguinose stragi naziste: sarebbe stato criticato lo stesso (per la raffigurazione dei partigiani che ne esce fuori), ma almeno non sarebbe stato tanto offensivo e moralmente ripugnante.
È pericoloso perché Spike Lee scrive “crediamo sinceramente che l’unico fatto su cui tutti siamo d’accordo è che 560 esseri umani sono stati massacrati dai nazisti. Al di là di ciò, ognuno ha la sua teoria e il suo punto di vista” e questo è quanto di più revisionista ci possa essere:non tutte le teorie sono valide e, anzi, molte sono apertamente mistificatorie. Dire che ogni teoria va bene vorrebbe dire che sono tutte false (non potendo essere tutte vere) e ridurre la ricostruzione della pianificazione dell’eccidio di Sant’Anna a“teoria” significa svilirla, allontanandola dalla categoria di“ricostruzione dello svolgimento dei fatti”: è questa la base argomentativa su cui si è costruito tutto il revisionismo sulla Resistenza.
È pericoloso perché Spike Lee, mentre fa la morale a Bocca trattandolo come un vecchio rincoglionito (“sì sì Bocca, ok ok, hai ragione, ma i nemici sono altri, mica io, il buon Spike Lee!”), rimprovera tra le righe gli italiani per non aver ricomposto le ferite delle guerra (“Le reazioni viscerali di questi giorni mi fanno pensare che la profonda ferita apertasi in Italia durante la Seconda guerra mondiale non si sia ancora rimarginata”,cit.: verrebbe da rispondere “e quindi?”): un altro punto a favore dei sostenitori dell’idea cretina ed impensabile, oltre che ovviamente strumentale, della costruzione di una “memoria condivisa”. Che io, sinceramente,spero di non vedere mai, nella convinzione che se la storia può essere condivisa (nel riconoscimento unanime e sincero che una parte era nel giusto, senza se e senza ma, perché, parafrasando Calvino, “il più onesto, idealista, dolce dei repubblichini si batteva per una causa sbagliata: la dittatura. Il partigiano più ignaro, ladro, spietato, si batteva per una causa giusta: la democrazia”), la memoria non lo possa, né lo debba, essere. Mai.
E sottolineo che tutto di tutto ciò si discute mentre a Viareggio la presidente del centro congressi, una tipa di An, voleva far rimuovere la targa che ricorda le vittime di Sant’Anna. Segno dei tempi anche questo.