Consigli (o sconsigli) per gli acquisti
Inaspettato. Crudo. Bello. I tipi della Newton Compton un anno fa editano a sorpresa un romanzo che, non ce ne vogliano, avrebbe meritato ben altra collocazione editoriale. Lo stile asciutto, incalzante unito al coraggio dell’autore nell’assumere un punto di vista “eretico” (rispetto alla stragrande maggioranza della narrativa sugli anni ’70) ne fanno un libro da leggere e da far leggere assolutamente a chiunque voglia comprendere quanto successe in Italia 30 anni fa. Finalmente qualcuno che abbandona le categorie della violenza cieca o peggio, della follia collettiva, per interpretare un fenomeno che coinvolse migliaia di proletari. Finalmente qualcuno che riesce a parlare di quegli anni libero da quello strano miscuglio di senso di colpa e di disincanto che solitamente gronda dalle pagine degli altri scrittori che si sono cimentati nell’impresa. C’era già riuscito Stefano Tassinari rispetto all’area dell’Autonomia, con il bellissimo “l’amore degli insorti”; e c’era riuscito Cesare Battisti coi suoi numerosi romanzi dalle cui pagine, però, ogni tanto s’affaccia il fantasma della disillusione. Ebbene, ora c’è riuscito anche Dario Morgante, che all’epoca dei fatti aveva circa 10 anni, affrontando la questione ben più spinosa del lottarmatismo. Nelle oltre duecento densissime pagine che compongono questo romanzo l’autore restituisce in maniera vivida, per intero e senza cedimenti, un immaginario fatto di socialità diffusa e del fumo dei lacrimogeni, di lotte sociali e di assalti al cielo. Morgante riesce così a spiegare, forse meglio di tanti altri, la fascinazione che in quegli anni nutrirono i giovani proletari romani per “quelli che facevano i fatti”. Per chi non si accontentava di aspettare “l’avvento del comunismo” ma si gettò nel tentativo disperato, di conquistarselo, qui ed ora.
E non ci vengano a parlare di fughe in avanti, loro, gli specialisti delle fughe all’indietro.
Dario Morgante/La compagna P38/Newton & Compton/9.90 euro