Dal PCI al PD…
Il Partito Democratico è stato, sin dalla sua creazione,circa un anno fa, il partito politico più sbeffeggiato, criticato e insultato di tutte le formazioni politiche presenti in parlamento e non solo. La maggior parte di queste critiche tralaltro sono provenute dalla sua sinistra, da tutti quei partiti o soggetti politici che si ponevano alla sua sinistra in parlamento ma non solo. Ora, questo continuo attacco politico nei confronti del PD ha prodotto una implicita rivalutazione invece delle sue radici storiche, e cioè il PCI prima, il PDS e i DS poi. Questa rivalutazione è avvenuta o in modo voluto o in maniera imprevista. Ma tant’è, il danno, secondo noi, è stato fatto. In modo più o meno cosciente, e quindi più o meno colpevole, si è prodotto un confronto, fra il PCI,vero partito di sinistra, più o meno criticabile ma comunque di tutt’altro spessore culturale e politico, e il PD, dove alloggerebbero secondo taluni personaggi tutti i mali della nuova sinistra italiana. Ora, quello che noi qui vogliamo affermare con forza, è la seguente tesi: il partito democratico non è,né rappresenta, alcuna frattura rispetto alle sua radici politiche.
Il PD è la diretta conseguenza, il coerente sviluppo, di quello che è stato il partito comunista italiano dal dopoguerra al 1990, e soprattutto nella sua fase peggiore, che va dal 1970 alla data appunto del suo scioglimento. Questo non solo perché la classe dirigente del PD è quasi esclusivamente di provenienza PCI, ma soprattutto per la politica portata avanti da questi due soggetti politici, che è esattamente speculare. Tutti i mali che albergano nel PD, quale partito della repressione delle istanze sociali, partito del riformismo borghese, colluso o dialogante con ogni potere dello stato, erano già ben presenti nel partito comunista italiano degli anni settanta. O dobbiamo ricordare che è stato proprio il PCI l’organo di cui si è servito lo stato per reprimere e dividere i movimenti sociali in quegli anni? Oppure ricordare tutta la fase del compromesso storico, e cioè l’infame politica che avrebbe portato il PCI a governare il paese con la democrazia cristiana; un vero e proprio governo di coalizione per spartirsi poltrone e potere. Ma al di la dei singoli episodi, pur importanti, è la linea politica generale che ne conferma il legame stringente, l’espressione di due facce di una stessa medesima medaglia: e cioè tutte e due i partiti avevano come fine ultimo quello di governare, entrare nella stanza dei bottoni, occupare i centri di potere per produrre il solito, annacquato riformismo borghese, l’intento di migliorare lo stato tramite riforme da approvare in parlamento. Cosa ha comportato tutto ciò si è visto e vissuto sulle nostra vite. Appena i Democratici di Sinistra giungono al potere, 6 anni dopo lo scioglimento del PCI, iniziano le riforme. A cominciare con il famigerato “pacchetto Treu”, con cui si da il via alla regolamentazione della precarietà selvaggia.
Quindi, il discorso è molto semplice, e cioè il PD è il diretto erede dell’esperienza politica del Partito Comunista, che comunista proprio non era. Le linee politiche che adotta oggi il PD sono le medesime, aggiornate o modernizzate, linee adottate dal PCI. Nessuna differenza, nessuna frattura, nessuno sviluppo politico. D’altronde quando il segretario Veltroni ammette di non essere mai stato comunista e di prendere come modello di riferimento Kennedy e la cultura politica americana è il 1980, non 2 anni fa.
Detto ciò, una differenza fondamentale esiste. Mentre il partito comunista era intimamente legato, espressione diretta potremmo dire, di una classe sociale ben precisa, e cioè il proletariato delle grandi fabbriche e dei giovani proletari delle periferie delle metropoli, il Pd odierno è espressione del nulla più totale. E’ il partito della borghesia illuminata, radical chic, tutt’al più si spinge ai lavoratori della pubblica amministrazione, ma finisce li. Insomma, non è espressione e non rappresenta più nessuna categoria produttiva, cosa che invece faceva il PCI.. E fino all’ultimo,il Pci era stato il legittimo rappresentante di quella classe sociale produttiva e progressiva; che rappresentava male, potremmo dire, ma che comunque rappresentava, e il proletariato si sentiva rappresentato da esso. Dal Pci, e dalla Cgil, sua espressione sindacale. E quindi l’atteggiamento che tenevano i movimenti nei confronti del partito comunista era ampiamente giustificato. Un atteggiamento di aperta e totale critica, ma appunto perché il pci era espressione politica degenere di un classe sociale che era il riferimento anche dei movimenti sociali. Insomma la base era la stessa, c’era una lotta per guidare politicamente una classe sociale unita e quasi esclusivamente rappresentata, sempre peggio, dal PCI.
Oggi il discorso è tutt’altro. Il Pd non rappresenta più nessuno come abbiamo detto; i movimenti e partiti della sinistra hanno altri punti di riferimento sociale su cui dover lavorare.
Quindi le conclusioni sono abbastanza semplici: lasciamo il Partito Democratico sprofondare sempre di più verso destra, per quanto ci riguarda è una delle espressioni del potere statale che noi combattiamo e con il quale non dobbiamo dialogare, men che meno criticare, visto che la nostra critica verso questo tipo di formazioni la esprimiamo ogni giorno con la nostra lotta.