Calenzano 2024 – Non si può morire di lavoro

Calenzano 2024 – Non si può morire di lavoro

Non si può morire di lavoro, è la frase che con rabbia urliamo ogni volta che un* lavorator* muore. La urliamo costantemente perché questo è un crimine che non accenna a diminuire né a finire. Quest’anno, in soli 10 mesi, sono già 890 morti bianche. Una strage inarrestabile che viene normalizzata dal potere e dai suoi canali mediatici.

Il 9 dicembre un deposito Eni è esploso a Calenzano uccidendo 4 persone e ferendone 26 (attualmente c’è ancora un disperso). Il comune ha proclamato due giorni di lutto ed è stato chiamato uno sciopero di 4 ore con manifestazione a Calenzano.

Non basta. Non possiamo più tollerare questa strage inesorabile che uccide l* lavorator*, proclama un lutto e poi va avanti.

Eni, peraltro, non ha le mani sporche di sangue solo dei lavoratori di Calenzano, ma anche del popolo palestinese per il ruolo che svolge nel genocidio in corso. La multinazionale infatti ha firmato un accordo con Tel Aviv per esplorare i giacimenti nelle acque di Gaza (sotto giurisdizione palestinese).

Come se non bastasse Eni è tra i maggiori inquinatori al mondo, è il maggior emittente italiano di gas serra a livello mondiale. La crisi climatica sta peggiorando e peggiorerà la condizione di vita delle persone subalterne che hanno scelte ridotte su dove e come vivere.

Questa è l’ennesima conferma della necessità a unirci per abbattere il sistema capitalista in cui viviamo. Un sistema che produce morte su tutti i fronti. Eni contribuisce alla crisi climatica, uccide l* propri* lavorator* e collabora con chi sta perpetrando il genocidio del popolo palestinese. Eni è l’esempio lampante del fatto che c’è sempre un comun denominatore, il capitalismo. Non ci può essere ecologismo nè antirazzismo senza anticapitalismo e lotta di classe. [ma problema non solo Eni, non è il focus. allargare. rivedere in modo efficace]

Le lotte hanno un nemico comune, dobbiamo unirci e combatterlo insieme.