Ad Atreju la destra trova il suo eroe: il Cica-leone da tastiera

Ad Atreju la destra trova il suo eroe: il Cica-leone da tastiera

La partecipazione, prevista oggi, di Simone “Cicalone” ad Atreju, la passerella annuale di Fratelli d’Italia, non è che l’inevitabile epilogo di un percorso mediatico, economico e politico costruito sulla criminalizzazione della marginalità. Lo sbirro-tuber, noto per le sue ronde metropolitane contro borseggiatori, senzatetto e marginali di mezza Italia, abbandona definitivamente la maschera dell’osservatore imparziale per abbracciare apertamente la narrazione securitaria della destra, quella che eleva la proprietà privata a valore supremo e nasconde volutamente le contraddizioni sociali che alimentano le disuguaglianze.

La sua presenza nel panel “Tra abusi e soprusi: un modello per combattere i ‘ladri di case’”, con il sottotitolo “La via italiana per garantire la proprietà privata”, è emblematica. Forse sarà proprio il nome del suo nuovo format: “ladri di case”, passato negli anni da “scuola di botte” a “quartieri criminali” a “borseggatrici criminali” in una storia infinita di ricerca delle views da monetizzare. Probabilmente aveva bisogno di un po’ di aiuto per aggiornare la programmazione che si era fatta ripetitiva. La destra trova in Cicalone un simbolo perfetto del suo populismo: lo sbirro-tuber, il giustiziere fai-da-te, il difensore dell’ordine e del decoro che, attraverso le sue candid camera conferma l’idea consolatoria che il problema non sia il sistema, ma chi si trova ai suoi margini. La sua figura diventa così lo strumento ideale per alimentare odio tra poveri e legittimare la repressione travestendola da giustizia. Una tendenza che assume varie forme, ne sappiamo qualcosa con il ddl 1660, visto che andrà proprio a colpire chi ha meno diritti: immigrati irregolari, i mendicanti, i senzatetto, i rom, quelli che vivono in occupazioni abitative , i detenuti e chi lotta in questo paese.

La parabola di questo Cica-leone da tastiera è anche un esempio lampante di come il capitalismo sia in grado di trasformare ogni problema sociale in un’occasione di profitto e spettacolo. Nei suoi video su youtube, non si assiste mai a un’analisi delle cause del disagio urbano o della microcriminalità. Al contrario, si mettono in scena ronde metropolitane che identificano nei borseggiatori il problema principale dei romani e nei senzatetto la monnezza organica ai bordi delle strade. Ignorando deliberatamente che queste figure sono il prodotto diretto di un sistema che genera esclusione, miseria e marginalità sociale. Non è un caso che i suoi bersagli preferiti siano spesso membri di minoranze etniche, come Rom o migranti, da cui “i cittadini onesti” devono essere difesi. Il risultato? Non la soluzione di un problema, ma la sua esasperazione: la tensione sociale viene alimentata per generare views, consenso e, naturalmente, lauti guadagni. Per sua stessa ammissione, fino a poco tempo fa, generava 15k al mese, sciacallando sul disagio prima delle periferie, poi dei cittadini che prendono la metro e ora, probabilmente, con quelli che occupano la casa per non morire di freddo per strada.

Come Batman a Gotham City, col costume da boomer con una grave crisi di mezza età, Cicalone, agisce al di fuori delle istituzioni, sostituendosi a un sistema poliziesco e giudiziario che considera evidentemente poco efficiente. La destra in generale, da Fratelli d’Italia a Forza Nuova, ha colto rapidamente il potenziale simbolico di questa figura. La sua estetica securitaria con la gang di energumeni campati a steroidi anabolizzanti, il suo linguaggio “tera tera” e soprattutto le sue views sono strumenti perfetti per alimentare la narrazione del nemico interno, quello contro cui concentrare l’odio e da usare come scusa per leggi sempre più repressive. Non sorprende, quindi, che i metodi di Cicalone siano già stati imitati: dalle ronde di Simone Carabella alle campagne di controllo organizzate dall’estrema destra a Roma e in altre città. Attraverso YouTube, però, Cicalone raggiunge facilmente le nuove generazioni, tra cui anche molti giovani soprattutto delle periferie romane, e questo è forse il pericolo più grande. Chi è cresciuto in un contesto di disuguaglianza strutturale, viene così spinto verso una guerra fra poveri che inverte la causa con l’effetto: non è la povertà a generare un certo tipo di micro-crimine o di marginalità, ma la povertà a giustificare la repressione. È l’espressione di un fascismo quotidiano e populista, che non passa più solo dal manganello in piazza, ma anche dalla telecamera puntata contro il povero, il disperato, il marginale. La città deve diventare una vetrina pulita per il turista e nascondere sotto il tappeto i problemi reali.

Per rispondere a questo è stata molto importante sia la campagna di adesivi che è stata fatta in città con il preciso intento di far aprire gli occhi su questo personaggio sia l’allontanamento dal corteo per la Palestina dello scorso 5 ottobre. Una presa di coscienza collettiva sui reali scopi di questi individui e sulla necessità di starne lontani. La figura di Cicalone è, in fondo, un’operazione perfettamente coerente con i tempi che corrono. Con lo sbirro-tuber che non cerca di risolvere i problemi che denuncia: li alimenta. E lo fa perché ci guadagna cifre notevoli. Non si interroga sulle cause della povertà o della criminalità, perché sono queste stesse cause a garantirgli un pubblico e un ruolo. E mentre Cicalone prosegue le sue ronde, resta una domanda: quale sarà il prossimo passo? Forse lo sappiamo già. Come dice quel noto proverbio romano? “Fatte er nome e va a rubbà”. Aspettiamo trepidanti la candidatura.