Stato o privato, questa la scelta
Mai avremmo pensato possibile un evento come il crollo del viadotto autostradale di Genova. E’, in tutti i sensi, un fatto mai visto, unico e forse irripetibile. Eppure nella moltiplicazione geometrica di commenti che un avvenimento come questo si porta dietro, stiamo assistendo ad un altro fatto altrettanto unico: la sinistra per Benetton. Non quella “sinistra” con cui vengono definiti Pd, Leu e compagnia varia, protesi ideologica del monopolismo liberista. Parliamo proprio della sinistra radicale in sostegno del capitalismo privato. Pur di combattere il M5S, pur di marcare una discontinuità col cosiddetto populismo, pur di combattere il famigerato Stato nazionale, pur di segnare una distanza col governo giallo-verde, pur di mostrarsi razionali, ragionevoli e più intelligenti del popolaccio che ha mandato al governo Salvini e Di Maio: eccoli schierati con gli interessi della privatizzazione e contro le ragioni della nazionalizzazione. “Non è che i servizi statali siano tanto meglio”, ammoniscono i liberisti di movimento; “con lo Stato le infrastrutture facevano schifo uguale”, ci ricordano i sostenitori dell’ideologia anti-statale; “Stato o privato, rimane sempre capitalismo”, aggiungono incompresi Proudhon del XXI secolo. La tragedia del ponte Morandi ha saltato la farsa della polemica politica per arrivare all’allucinazione collettiva di oniriche “terze vie” autogestite. Si pretende la manutenzione delle infrastrutture disastrate del paese, ma si combattono le ragioni dell’economia pubblica, cioè dell’economia statale, l’unica forma economica organizzata che dovrebbe attuarle. Si vagheggiano risorse pubbliche da destinare alla salvaguardia del benessere sociale, salvo poi accanirsi contro l’economia pubblica, sostenendo, di fatto quando non esplicitamente, le ragioni dell’economia privatizzata.
Nonostante ciò, la sinistra per Benetton può dormire sonni tranquilli: non ci sarà nessuna nazionalizzazione. La guerra dichiarata ad Atlantia, una delle società più importanti del paese nonché, dopo l’Opa su Abertis, uno dei gestori autostradali più importanti del mondo, è già un fatto notevole per il capitalismo italiano ed europeo ma, tutto sommato, rientra nella vendetta politica contro un gruppo industriale da sempre legato al centrosinistra. La nazionalizzazione è un’altra cosa. Significherebbe non regalare le autostrade italiane a qualche altro imprenditore del nord-est, passando così dalla padella alla brace. Vorrebbe dire sconvolgere il modus operandi del liberismo europeista, attraverso un’operazione bellica senza precedenti. Dubitiamo che un governo come questo abbia il coraggio e le competenze adeguate a portare a termine un’operazione di questo tipo. In caso contrario, beh, saremmo di fronte ad un fatto inatteso. Saremmo di fronte a una sorta di peronismo conseguente, con tutte le contraddizioni e le ambiguità che un terremoto del genere si porterebbe dietro. Per capire le conseguenze che questo potrebbe avere sui rapporti politici in generale, basterebbe valutare proprio il caso argentino. Ma qui stiamo anche noi nel mondo dell’onirico. Tutto rimarrà come prima. Il capitalismo italiano può dormire sonni tranquilli, e con esso tutta la sinistra contro l’economia pubblica.