Syrizazione del M5S?
Ciascuno degli interessati alla politica in queste settimane sta dando la propria interpretazione del voto. E’ inevitabile che sia così. Smarriti nei labirinti astrali della psicologia delle masse, a volte è utile affidarsi alla classe dirigente europea, libera quantomeno del bisogno represso di legittimarsi. Ieri ha parlato tale Shahin Vallée, consigliere economico di Macron e voce europea del partito En Marche nel momento in cui questo prova a strutturarsi a livello continentale in vista delle elezioni europee del prossimo anno. Curiosamente, siamo nella fase in cui anche il M5S sta riorganizzando la propria presenza europea, visto il prossimo sfaldamento del gruppo Efdd – la formazione parlamentare di orientamento nazionalista creata dall’Ukip di Farage. E’ proprio il portavoce macroniano a riportare la discussione alla sua rozza materialità: «se chiarisce le proprie posizioni, il Movimento 5 Stelle potrebbe trovare un posto nell’alleanza politica europea che Emmanuel Macron sta studiando in vista delle elezioni». Liberali e populisti insieme? In realtà l’apparente contraddizione non sta tanto nel M5S, che già negli scorsi anni aveva provato ad entrare nel gruppo liberista dell’Alde, non riuscendoci per la ferma opposizione di alcuni suoi componenti. La novità sta nella disponibilità di questi ad accettare tra le loro fila un partito dai più giudicato come alternativo alla democrazia liberale-liberista-europeista di fede macroniana. Per Macron, l’Alde e il resto della congrega liberale i problemi non si situano nelle proposte politiche del movimento grillino, siano esse il reddito di cittadinanza, la gestione dei flussi migratori, la lotta alla Tav, lo “sforamento del deficit” o qualche altra occorrenza su cui alcuni commentatori si concentrano fin troppo. Tutte le proposte fatte proprie dal M5S sono già perfettamente compatibili, e infatti comprese, nelle strategie di governo liberali nel resto d’Europa: reddito di cittadinanza e deficit eccessivo sono già realtà in numerosi altri paesi europei, a cominciare proprio dalla Francia. Figurarsi se la Ue va in crisi per qualcosa che già esiste. Il vero vincolo dirimente, il confine esiziale, è l’europeismo: «Fondamentalmente, ci sono due tipi di forze politiche insurrezioniste in Europa oggi: quelle che di base sono nazionaliste e anti-europee e quelle che sono critiche sull’Europa ma vogliono riformarla. Per esempio, Syriza in Grecia o Diem stanno sfidando l’Europa che c’è ma vogliono trasformarla, non distruggerla. Queste sono componenti che con Macron e En Marche possono trovare un compromesso per unire le forze». Macron, per bocca di Vallée, riporta l’ordine del discorso alle sue strutture politiche basilari: il conflitto oggi è sostanzialmente tra chi appoggia l’Unione europea e chi la combatte. Tra chi la appoggia si possono trovare tutti gli accomodamenti necessari, ma non c’è vera differenza politica: Macron e Varoufakis, Grillo e Monti, accettando l’Unione europea come orizzonte condiviso, hanno in comune molto più di quello che li divide, perché a dividerli non rimangono che fattori sovrastrutturali fisiologici e, perché no, vitalizzanti lo stesso processo europeista. Questo dicono le classi dominanti, non qualche estremista “neosovranista”, e occorre tenerne conto.
Ma c’è anche altro che incide sul ruolo politico che potrebbe avere il M5S in Italia. Nell’intervista si accenna a una «syrizazione del M5S» che favorirebbe la partecipazione del movimento grillino al banchetto liberale europeista. In cosa consisterebbe questa syrizazione? Secondo Vallée, Syriza in Grecia è riuscita a fare, da sinistra, quello che non avrebbe potuto fare il resto della politica ellenica: accettare troika e ristrutturazione del debito attraverso la pace sociale. Confermando che il lavoro sporco, da che mondo è mondo, tocca alla “sinistra” di governo e non alle destre smascherate, si tratta di intenderci su quale sia questo lavoro sporco da portare avanti in Italia. E con questo torniamo al motivo principale suesposto: l’europeismo. Il M5S non dovrebbe cioè essere (solo) il veicolo di qualche altra controriforma liberista, quanto rafforzare l’orizzonte europeista legittimandolo in chiave populista. Anche per il famigerato populismo, cioè, il confine da non oltrepassare è l’Unione europea. Per il resto, si lascia intendere, fate vobis, nessuno qui alzerà barricate finanziarie o procedurali per qualche bizzarra riforma post-moderna. Questo si racconta in Europa nel secolo ventesimo primo. Faremo bene a dargli la giusta rilevanza, così da radicare i nostri pensieri alla realtà dei fatti.