Casa, lavoro, dignità per ogni essere umano: manifestazione nazionale a Roma
Quando si parla di un centro di accoglienza come quello di Cona si parla di circa 1.100 persone ammassate per anni in tensostrutture da centinaia di posti, lontane da centri abitati, con le condizioni climatiche del veneto, senza poter svolgere alcuna attività o, nelle “migliori” delle ipotesi, sfruttati lavorativamente nelle campagne, in attesa di una risposta alla richiesta di protezione internazionale che troppo spesso finisce per essere negativa. Persone che, per la loro – ma ci verrebbe dire di più per la nostra – dignità di esseri umani, hanno intrapreso qualche settimana fa insieme a Usb una marcia diretta alla Prefettura di Venezia per chiedere la chiusura del centro e il trasferimento dei richiedenti presenti presso altre strutture (più) idonee alla semplice sopravvivenza. Questo evento, in un certo senso emblematico considerando la determinazione e il livello di partecipazione dei richiedenti, la simbolicità nell’attuale contesto di accoglienza e le concrete risposte ottenute dalle istituzioni, prestano più di qualche spunto. 1) Il sistema di accoglienza in Italia, a firma Minniti, prevede strutturalmente l’esistenza di centri del genere, così come prevede i campi delle torture in Libia: le due facce di un colonialismo interno ed esterno. 2) A livello interno, più che di integrazione le politiche di accoglienza rappresentano politiche di segregazione e ghettizzazione, direttamente o meno rivolte alla ricattabilità della forza lavoro migrante (dal lavoro nero al coinvolgimento dei richiedenti presenti nei centri in “attività di volontariato”) e alla messa a profitto dei fondi pubblici destinati all’accoglienza da parte dei privati, tramite la riduzione dei costi destinati ai servizi e ai beni forniti ai migranti al fine di aumentare il margine sull’ammontare pro capite pro diem erogato dalle prefetture ai centri di accoglienza per ogni ospite. 3) Le direttive europee e – a cascata – ministeriali sulle ripartizioni delle quote di accoglienza mandano al collasso territori e governi locali stretti nel tentativo di un equilibrismo tra interessi sovranazionali, interessi dei privati che a più livelli partecipano alla gestione dei centri e una popolazione segnata dalla crisi che, strumentalizzata dalla politica, finisce per rigettare un sistema di accoglienza già di per sé fallimentare. 4) Ancora una volta, la popolazione migrante per sue caratteristiche socio economiche e per una particolare disponibilità alla lotta torna a palesarsi per noi come un sempre più definito blocco sociale di riferimento, come già evidente nelle lotte della logistica o per la casa. Per questo, e per molto altro, è importante scendere in piazza oggi: appuntamento per la manifestazione nazionale FIGHT RIGHT – DIRITTI SENZA CONFINI alle ore 14 – piazza Repubblica.