Resistere, nonostante tutto
Le immagini della nuova, ennesima, gazzarra razzista in periferia spostano sempre un po’ più avanti i confini del degrado umano in cui siamo costretti a vivere. Sempre più difficile resistere alla tentazione di incattivirci sopraffatti da questo disfacimento sociale che porta dei pezzenti a cacciare altri poveracci. Il riflesso di liquidare la questione attraverso le lenti ideologiche del razzismo diffuso, del neofascismo strisciante, è forte e, a volte, insormontabile. Eppure bisogna continuare a resistere alla tentazione: a smarrirsi sarebbe il cuore della questione, la gestione politica di questa guerra tra poveri. Al Trullo ieri mattina a una famiglia italiana è stato impedito l’accesso all’alloggio Erp a cui aveva diritto. Il motivo è squisitamente razziale: il colore della pelle svelava le origini eritree della famiglia. Tanto è bastato per inscenare il pogrom razziale. Per comprendere meglio la vicenda va però allargato il quadro di questa fotografia desolante, disumana. L’alloggio era precedentemente occupato da un’altra famiglia italiana, cacciata perché appunto senza requisiti. Il corto circuito razzista è partito così in automatico: si caccia una famiglia italiana in difficoltà per inserire una famiglia “di negri”. Qualche indizio che questi scontri rispondano a una volontà, gestiti in tal senso dai dipartimenti competenti, lo possiamo ritrovare nella sequela di accadimenti simili avvenuti negli ultimi tempi. Sempre lo stesso episodio, da San Basilio a Tor Sapienza al Trullo: troppi per non pensare ad assegnazioni pilotate proprio per scatenare quelle reazioni di pancia che alimentano il dibattito razzista italiano. C’è anche un altro fatto a inquietare: ogni volta ritroviamo la presenza di Castellino e gli altri dieci infami che si tiene stretto per il naso. Dieci militanti in tutta Roma, eppure incredibilmente reattivi nell’accorrere immediatamente all’adunata razzista. Un fatto questo davvero singolare: si trovano sempre a passare nel quartiere giusto al momento giusto. Il dubbio che lo sappiano prima, che vengano imbeccati appositamente, è una mezza certezza. Per di più, mai che assegnazioni pilotate, centri di accoglienza, Sprar, presidi umanitari, trovano posto in centro (dove pure abbondano le case popolari di risulta, i palazzi abbandonati, le caserme dismesse), o in quartieri “benestanti”, ma sempre e comunque in periferia, anzi: più è degradata, più insiste l’apertura di nuovi fronti problematici. Un insieme di fattori, questi appena ricordati, che fanno luce su di una strategia di governo della popolazione: non è tanto un problema di neofascismo, ma di volontà politica e istituzionale di organizzare conflitti dentro la periferia e tra stessi strati sociali subalterni. Niente di nuovo, si potrebbe contestare. Ma tra il riconoscere vagamente i contorni della questione e predisporre un’azione politica conseguente c’è il mare dell’inerzia, del comfort intellettivo che restringe il campo al neofascismo rendendo sfocato il quadro d’insieme. E invece dovremmo indicare nel dipartimento delle politiche abitative, negli assessorati competenti (in questo caso, l’Assessorato alle politiche sociali presieduto dalla Baldassarre), e più in generale nella direzione politica nazionale e cittadina, i responsabili di questa rovina sociale che attraversa le periferie, ne alimenta il facile razzismo, salvo poi ripulirsi la coscienza con provvedimenti spot come lo Ius soli. E’ Minniti, ancora una volta, l’apice di un governo dell’emergenza che alimenta scontri tra poveri per poi tamponarli con l’utilizzo di più polizia e dunque di più repressione. E’ il Pd l’architrave politico di questa strategia di lungo respiro, puntellato dal consenso del M5S e dall’ovvio stimolo razzista di Forza Italia e Lega Nord. Nei dipartimenti del Comune di Roma permane un potere burocratico incestato su di una politica collusa o incapace di decidere. E’ ora di prendere di petto la questione.