Assemblea cittadina dopo il No: venerdì al Tiburtino III, ore 17.30
Dopo aver mandato a casa il Pd nelle elezioni comunali della scorsa estate, le periferie hanno mandato a casa anche il governo Renzi. La composizione sociale/territoriale del voto d’altronde non lascia scampo ai professionisti della chiacchiera: è tra i giovani, è nel sud desertificato culturalmente ed economicamente, è nelle periferie cittadine imbarbarite da disoccupazione e lotta tra poveri, che il No travolge come una valanga inarrestabile la narrazione triste del renzismo decadente. In pochi giorni abbiamo assistito all’immediata reazione di un potere sordo alla realtà dei fatti: la nascita di un governo fotocopia di quello sfiduciato dalla larga maggioranza del paese.
Il 4 dicembre ci dice due cose essenziali: la prima, che esiste un solco profondo tra eletti ed elettori, tra classi dirigenti e classi subalterne. Un solco di istintiva insofferenza verso le rappresentazioni del potere costituito, una rabbia ancora impotente ma presente. Non è cosa da poco, e allinea l’Italia, paese di retroguardia, al sentimento dominante delle popolazioni occidentali. La seconda è che il blocco di potere che in questi anni ha gestito il governo liberista si trova in grave difficoltà, delegittimato socialmente e politicamente, e tenta la strada degli accordi di palazzo, fregandosene del risultato elettorale: come scavarsi la fossa con le proprie mani andandone pure fieri. Ma la vittoria referendaria, come abbiamo già detto, va ben oltre l’oggetto del contendere. C’è una richiesta informe, trasversale, anche scivolosa evidentemente, di rigetto delle tentazioni oligarchiche, dell’approccio tecnocratico alla politica, di voglia di cambiamento radicale, e anche tanta disperazione sociale. Questo è il punto da cui partire.
Da qui nasce l’esigenza di ragionare sulle conseguenze del No nella periferia, e non nel comfort dei nostri abituali ritrovi “tra compagni”. Abbiamo una forte esigenza di confrontarci su ciò che sta avvenendo, sulla strada da intraprendere, sulle sfide che ci attendono per i prossimi mesi, ma soprattutto come mettere a frutto il lavoro svolto nella campagna sociale per il No. Ci aspettano scelte difficili, anche impegnative, ma una cosa va assolutamente evitata: pensare e agire senza coraggio, sulla difensiva, reiterando un’ordinarietà laddove è proprio questa al centro della critica di questi tempi straordinari. Non vale solo per Gentiloni l’impossibile ritorno al mondo di prima. Vale anche per la sinistra, se esiste ancora nel paese. La lezione del 4 ci dice che c’è un potenziale sociale enorme su cui lavorare. Il vero No sociale parte da oggi, dal dopo referendum, reclamando a gran forza il ritorno alla urne, rafforzando l’ingovernabilità che è l’unico spazio entro cui far crescere ipotesi di rottura e di alternativa.