Nutrire il pianeta, da oggi ci pensa Bayer
Che il libero mercato tenda inevitabilmente al monopolio è una legge economica difficilmente contestabile persino dall’economia politica borghese neoclassica. Che persino l’alimentazione e i suoi connessi legati al mondo della produzione agricola vengano governati esclusivamente dalle logiche privatistiche, è anch’essa un’evidenza ormai secolare. Nonostante Expo e gli intenti retorici sull’accesso al cibo e nuove forme di produzione alimentare, a stabilire forme, tempi e costi dell’agricoltura era, fino al 15 settembre, un ristretto gruppo di mega aziende multinazionali di sementi e pesticidi. Da quel giorno, di fatto, l’intero comparto agricolo globale, almeno in Occidente, è controllato da una sola grande azienda. La recente acquisizione della monopolista americana degli Ogm Monsanto da parte del colosso chimico tedesco Bayer si inscrive nella battaglia mondiale in corso tra le grandi corporation del settore, una guerra che la crisi economica, come ogni crisi economica, ha incentivato e, in qualche modo, reso inevitabile. Un’acquisizione da 66 miliardi di dollari, che era stata preceduta negli ultimi mesi, sempre nel settore agrochimico, da altre due mega acquisizioni: quella tra Dow Chemical e DuPont, e quella avvenuta nelle scorse settimane tra il colosso cinese della chimica ChemCina e la svizzera Syngenta.
Ma ciò avviene in ogni settore. Soltanto in questo primo scorcio di secolo, possiamo verificare che il processo di concentrazione monopolistica e l’ordine di grandezza delle multinazionali ha visto una crescita senza precedenti delle acquisizioni e fusioni delle società nei più svariati campi dell’economia: dall’industria automobilistica alla grande distribuzione, dal mercato dell’energia alla logistica, dalle tecnologie avanzate al settore degli idrocarburi. L’attuale concentrazione aziendale rappresenta però un salto di qualità: ad essere monopolizzato di fatto è la produzione e l’accesso al cibo. Se la concentrazione nell’Hi-Tech riguarda un campo tutto sommato secondario o comunque non direttamente vitale, il governo della produzione agricola controllato di fatto da un’unica azienda planetaria mina alle fondamenta le possibilità di sviluppo dello stesso genere umano. Sottrae ogni possibile autonomia produttiva individuale o pubblica: da oggi qualsiasi produttore agricolo deve passare per la Bayer per potersi garantire la possibilità di coltivare. Le conseguenze sociali e ambientali di questa operazione sono facilmente intuibili, visto che la Bayer ha un’assoluta posizione di monopolio nel campo della farmaceutica e dei pesticidi, e la Monsanto nel campo dei brevetti Ogm e sulle sementi, sia transgeniche sia convenzionali. Detto per inciso, Bayer e Monsanto erano, fino al 15 settembre, diretti rivali, come riportato da Linkiesta che linkiamo nella piccola letteratura online in calce: “se si guarda agli erbicidi, Monsanto e Bayer sono concorrenti diretti e molto agguerriti. Dal 1974 la Monsanto ha messo a punto il suo prodotto erbicida a base di glifosato, chiamato Roundup Ready. Negli Usa il principale concorrente è il Liberty Link della Bayer, a base di glufinosato[…]La percentuale di semi utilizzati con brevetto Monsanto la configura come monopolista. Se si guarda ai semi con coperti da brevetto utilizzati negli Usa, quelli della Monsanto sono il 97% per la soia, il 75% per il mais e il 95% per il cotone. Parti di questi semi sono venduti da società indipendenti, che però devono fare accordi con la Monsanto.”
Insomma con queste operazioni di “consolidamento”, come asetticamente le chiama Il Sole 24 Ore, il mercato della produzione di cibo e del settore agrochimico nel suo complesso sarà, alla fine di questo processo, in mano a tre colossi multinazionali, mentre solo fino a un anno fa il controllo mondiale di questo settore si spartiva tra 6-7 società multinazionali. Quando crisi fa rima con opportunità, nel mondo della concentrazione finanziaria.
La mega fusione consente anche altre appendici non proprio irrilevanti: è l’escamotage per aggirare il fallimento del TTIP, visto che la Bayer è un’azienda europea, dunque capace di aprire le porte dell’agricoltura continentale ad un’azienda, la Monsanto, che fino ad ora aveva subito forme di controllo capaci quantomeno di “limitare” la sua capacità espansiva e invasiva; ed è lo strumento finale attraverso cui imporre per vie traverse l’utilizzo generalizzato dei fertilizzanti Ogm, vietati in alcuni paesi europei e fortemente limitati in altri, a differenza del mercato americano. Purtroppo, non solo il dado è ormai tratto, ma le popolazioni europee non hanno al momento alcuno strumento di difesa praticabile, se non quello di rafforzare organi tecnici di controllo continentale che però, paradossalmente, finirebbero per approfondire il problema più che ridurlo, visto che proprio l’ideologia tecnocratica europeista è stata il grimaldello attraverso cui disattivare forme di resistenza politica a processi di concentrazione finanziaria come queste. Mai come in casi come questo appariamo disarmati di fronte all’esistente, ai macro-processi che determinano il nostro sviluppo, che avviene sopra (e contro) le nostre teste. Come col TTIP, dovremmo sperare che fusioni monopolistiche come queste entrino in conflitto con altri interessi di altri pezzi di borghesia europea, tali da rallentare o magari bloccare un processo altrimenti non arginabile. Un’immagine decisamente poco rosea del nostro futuro.
Di seguito una sintetica letteratura online utile a capire i passaggi economici, finanziari, produttivi, ambientali e sociali della fusione monstre tra Bayer e Monsanto:
Il Sole 24 Ore:
Contropiano:
Linkiesta: