Armi di distrazione di massa
Ci capita sempre più di frequente di cominciare i nostri articoli con la classica locuzione “credevamo di essere arrivati al fondo e invece continuiamo a scavare nella merda”. O qualcosa di simile. Riprodotta troppe volte diventa fastidiosa, eppure non sapremmo davvero come diavolo iniziare un ragionamento riguardo alla polemica che imperversa su ogni media sulle stramaledette statue coperte per la visita del presidente iraniano Rouhani. L’inutile, strumentale, marginalissima vicenda campeggia da due giorni su ogni quotidiano nazionale, ogni telegiornale, ieri addirittura al centro di due talk show nazionali in prime time, protagonista di polemiche, richieste di dimissioni, articolesse imbizzarrite, che ribadiscono la sacralità (e la superiorità) dei nostri valori su quelli del profugo iraniano, capitato per caso e utile solo in vista dello spoglio controllato delle risorse energetiche e umane del paese mediorientale da parte delle multinazionali occidentali. Descrive meglio questa vicenda lo schifo di mondo in cui viviamo e in cui lentamente ci incattiviamo che le fredde analisi di un sistema produttivo incapace di generare profitti per eccesso di produttività. Fosse solo il piano economico il terreno dello scontro, avremmo già il comunismo da un secolo e mezzo! Viviamo evidentemente in un paradosso di questo tipo. Anche noi cadiamo nel tranello di commentare una non-notizia. Eppure, se lo facciamo, è per smascherare il riflesso pavloviano di una certa sinistra prontamente accorsa in difesa del sistema dirittoumanista ordoliberale (con Sel in prima fila: “Renzi spieghi questa vergogna!”). Il tranello qui sarebbe entrare nel merito della vicenda, una vicenda che non ha alcun merito. Roma è devastata da migliaia di palazzi inscatolati da pubblicità privata per finti restauri che durano anni; da costanti e decennali tagli alla cultura e alla manutenzione del patrimonio artistico del paese; ad un dibattito sulle “unioni civili” fermo al dopoguerra (il primo, mica il secondo); ad un controllo religioso sulla vita politica del paese anch’esso fermo più o meno ai patti lateranensi; ma il problema sono quattro inutili statue coperte per presunto rispetto ad un ospite che, peraltro, non aveva chiesto niente. Stiamo parlando del nulla, eppure questo nulla produce da una parte l’ideologia della propria superiorità culturale, da rivendicare ogni qual volta popolazioni primitive si affacciano nel bacino della superiorità occidentale; dall’altra, lo sviamento della concentrazione pubblica da eventi rilevanti a questioni irrilevanti, su cui però accanire l’opinione generale reiterando la falsa narrazione dello “scontro di civiltà”. Il sistema neoliberale fa evidentemente il proprio lavoro anche (soprattutto) sul piano culturale. Il problema, come sempre, è quella sinistra prontamente prona al guinzaglio ideologico imposto dal mainstream. Che ha da anni abdicato al proprio ruolo sociale per mobilitarsi unicamente sulla presunta violazione di ancora più presunti diritti umani, o “valori” e via delirando. La questione ha da anni preso una piega irreversibile. E proprio qui sembra situarsi la faglia che dovrebbe costituire lo spartiacque decisivo tra la sinistra compatibile e quella antagonista o comunque incompatibile allo stato di cose presenti. Come ricordava ieri Raffaele Sciortino alla nostra iniziativa a La Sapienza sul caos mediorientale, la resa dei conti dovrebbe avvenire con quella sinistra liberale accecata dal dogma dirittoumanista, grimaldello ideologico attraverso cui veicolare le peggiori controriforme sociali da un secolo a questa parte. La storiella delle statue coperte serve esclusivamente a legittimare un sistema di pensiero in cui ci autonarriamo come in guerra di civiltà e di valori con il nostro vicino arretrato. È questa la visione da disarticolare, destrutturare nelle sue fondamenta. Non agevolare il compito del pensiero neoliberale.