Roma rompe il protocollo

Roma rompe il protocollo

 

Ieri è stato violato il protocollo che impedisce di manifestare per il centro cittadino. La mattina gli studenti medi, poi il pomeriggio le lotte sociali, si sono ripresi le strade della Capitale contro il governo commissariale Gabrielli-Pd. Questo il primo dato rilevante, quello per cui per la prima volta in sei mesi la città torna a manifestare strappando con la determinazione un’agibilità politica tutt’altro che scontata di questi tempi. I numeri costituiscono l’altro dato positivo della giornata. Nel pomeriggio hanno manifestato circa tremila lavoratori, l’apice di una giornata che ha visto scioperare il 97% dei lavoratori Tpl, il 70% in Atac e il 15% dei lavoratori Ama. Confrontati a qualche anno fa sembrano dati scoraggianti, ma la situazione romana e nazionale da qualche anno è catastrofica e da qui bisogna ripartire, con pazienza e umiltà. Non si improvvisa dal niente un blocco sociale capace di esprimersi politicamente, e ieri è stato messo il primo mattone in questa direzione. L’incontro in Prefettura a fine corteo ha certificato quella piazza come interlocutore dell’amministrazione cittadina, come controparte necessaria con cui fare i conti. Chiaramente, questo primo passaggio pone sul tavolo anche le difficoltà di un percorso simile. L’assenza della politica cittadina era prevedibile, vista l’inutilità egocentrica in cui annaspano gruppi e gruppetti sempre più atomizzati fra di loro. La difficoltà di intercettare altri lavoratori non direttamente legati alle vertenze in piazza ieri è l’altro dato, questo sicuramente più rilevante, con cui fare i conti. Una difficoltà proveniente direttamente dalla mancanza di rappresentatività politica che riguarda il resto della cittadinanza. Chi ha una vertenza aperta sfrutta tutti i momenti di visibilità, chi non ce l’ha evita anche solo di esprimere forme di solidarietà, e in ogni caso, mancando una forma di rappresentanza, non trova all’interno di questi contesti la risposta ai suoi problemi quotidiani. Il lavoro di ricomposizione politica, in questo senso, è davvero lungo e impervio, ma se partirà, sarà da dinamiche come quella di ieri, cioè aperte, inclusive e paritarie. E di classe. Perché per la prima volta da diverso tempo è sceso in piazza ieri un pezzo rilevante della classe operaia cittadina, quella dei servizi e delle municipalizzate in corso di privatizzazione. Un processo che i sindacati confederali hanno provato a boicottare, boicottaggio che sicuramente ha impedito una partecipazione più larga, ma che diverrà inarrestabile appena si procederà alla paventata privatizzazione di Ama e Atac. L’obiettivo è allora arrivare a quella partita da un punto di forza, non rincorrendo l’ondata inevitabile di licenziamenti. E l’unico punto di forza sarà la nascita di un soggetto politico operaio, capace di dare rappresentanza a quel pezzo di classe oggi completamente a-rappresentato, che sappia unire le vertenze in una sintesi politica credibile. Come dicono in val di Susa, sarà dura.