L’insostenibile inutilità della testimonianza
In politica è meglio sbagliare che essere inutili. Inutili come la piazza pro-Tsipras di sabato a Roma, una piazza completamente ininfluente, incapace di aggregare alcunché, di rappresentare qualcosa, di porre un problema. Una piazza vecchia, sia all’anagrafe che nelle modalità, una manifestazione testimoniale che sarebbe stata irrilevante persino quando la sinistra riusciva ad orientare l’opinione pubblica, figuriamoci oggi che si autorappresenta come residuale anche quando appoggia un “vincitore”, almeno elettorale, come Tsipras. Non è colpa certo di chi ha manifestato, gesto addirittura audace vista la completa anti-patia che circondava quel tipo di mobilitazione (antipatia nel senso etimologico di impossibilità di provare passione verso qualcuno o qualcosa). Manifestanti sinceri, in cerca di uno spazio per esprimere il proprio rifiuto verso la UE e la NATO nonostante chi organizzi queste sfilate continui a dichiararsi più europeista del re e più atlantico di Obama. Vedere ancora i soliti Cento-Ferrero-Vendola-Camusso-Fassina-eccetera in prima linea descrive bene il senso del ridicolo. Mancavano Agnoletto e Bertinotti, ma magari c’erano pure, comunque si sarebbero trovati comodi nel loro habitat naturale, quello della pace sociale.
Non è un problema di estetica, sia chiaro. Non è dal numero di cariche che si valuta una mobilitazione. Si può essere conflittuali in vario modo. Lo si può essere con parole d’ordine determinate, con ragionamenti efficaci, di rottura; lo si può essere organizzando, anche pacificamente, un pezzo di nuovo proletariato, di precariato, portarlo in piazza ad esprimersi per un’alternativa credibile, un’opposizione quantomeno sociale; si può anche suscitare un immaginario, sfruttare una simbologia in assenza di una forza reale, porre anche un problema di ordine pubblico. Quello che non può essere fatto è relegare all’antipatia le giuste ragioni d’opposizione che esprimeva quella piazza. Se le ragioni della battaglia di Syriza vengono assunte da quel tipo di piazza, anziana, pensionata, garantita, pacifica, democratica, liberale, le ragioni di Syriza in Italia divengono le ragioni del PD, operando una transumanza politicamente mortale per ogni ipotesi alternativa al consenso renziano.
Certo, i numeri sono confortanti, così come una certa radicalità nei contenuti dei singoli manifestanti. E’ però l’assoluta mancanza di sbocchi, di “intellettività”, tra quella manifestazione e il “paese reale”, che la relega nell’ambito delle costruzioni inservibili per una dinamica politica virtuosa. Bisogna sottrarre la solidarietà al popolo greco a questi contenitori politici, porre una differenza radicale, non con quella gente, ma con quei politici e questi contesti. Anche ci fosse una manifestazione al giorno di questo tipo, nessuno in Italia, men che meno in Europa, se ne accorgerebbe. Non testimoniano più nulla, se non un retaggio politico e sociale scomparso da anni, residuo storico del bel tempo che fu, quando contavamo qualcosa nella società e potevamo permetterci di orientare il dibattito politico.