Aspettando Godot…continuando così

Aspettando Godot…continuando così

 

La settimana di mobilitazioni che precederanno l’appuntamento di sabato 12 aprile si è aperta a Roma con sgomberi, cariche e fermi che hanno fatto da corollario alle numerose occupazioni che sono state messe a segno, con alterne fortune, nella giornata di ieri. Mentre scriviamo, resistono ancora due occupazioni dei movimenti per il diritto all’abitare romano: stabili occupati da centinaia di famiglie che, tra i quartieri di Montagnola e Torre Spaccata, hanno risposto al nuovo piano casa presentato dal governo Renzi e dal ministro Lupi. L’ennesimo attacco ai movimenti, le solite concessioni a palazzinari e alla mafia romana del mattone. Altre due occupazioni, quella del Neet Bloc a Ostiense e Godot (zona Università) hanno invece avuto un esito differente: sgomberi violenti e decine di identificazioni, fermi e referti. Non un caso, secondo noi, ma una precisa strategia politica contro ogni tentativo di organizzazione che vada al di là del semplice piano sociale.

Abbiamo preso parte, con un centinaio di giovani studenti e precari, all’occupazione di Godot, un progetto che tentava nella maniera più diretta possibile di coniugare il diritto all’abitare con il progetto politico di far nascere, crescere e sviluppare un nuovo laboratorio collettivo di giovani militanti. Un’occupazione mirata, che ha mostrato la vera faccia dell’amministrazione comunale: quella che requisisce i beni alle mafie per lasciarli vuoti o alla speculazione, quella che sgombera un immobile destinato ad ospitare uno studentato, quella che plaude al piano casa e all’housing sociale senza immaginare una piano di edilizia popolare per tamponare la dilagante crisi abitativa che attanaglia Roma da decenni. Nella città che conta oltre 60 mila famiglie in emergenza abitativa e oltre 250 mila alloggi sfitti, la riposta è quella di mantenere inalterati gli equilibri delle grandi speculazioni. E fin qui, vale la pena sottolinearlo, nulla di nuovo.

Cos’è dunque che ci lascia perplessi da questa giornata di violenza gratuita e accanimento politico? Sicuramente la scelta politica che ha determinato gli sgomberi. Immaginiamo sarebbe stato difficile irrompere in una palazzina con oltre 600 persone tra uomini, donne, anziani e bambini e dispensare manganellate come nell’ultimo degli stadi; difficile non nella pratica, quanto nel giustificarsi con la stampa sempre in cerca di scoop. Meglio invece, si può pensare, fare irruzione dove si annidano le nuove leve del movimento di classe romano, dove prolifera e si fortifica una coscienza politica tra chi oggi ha scelto, ed è stato costretto a scegliere nuovamente e senza appello, da quale parte della barricata stare.

Lo sgombero delle due occupazioni giovanili, insomma, assume una valenza molto politica se rapportata alla momentanea tolleranza con cui invece si sono affrontate le altre occupazioni delle famiglie – alle quali va comunque il nostro sostegno, la nostra complicità e il nostro augurio di resistenza. Nelle corsie del Campidoglio, il primario sindaco – ben consigliato dalla sua squadra di governo – deve aver valutato politicamente più pericolose le occupazioni slegate dal solo piano di rivendicazione sociale; ovvero, quelle occupazioni che non vivono solo in funzione di un bisogno primario (quello della casa) ma che stavano sorgendo nei pressi delle università romane, che avrebbero messo in campo una rete di relazioni extraterritoriali, che si sarebbero aperte ai quartieri come cinghie di trasmissione politica. Un rischio da scongiurare, da evitare ad ogni costo, ma soprattutto da lasciare chiaro nella testa degli occupanti – a mo’ di deterrente per futuri tentativi. Solo in questo contesto è possibile spiegare la violenza e la macelleria che, almeno nel caso di Godot (ma anche a Ostiense non è stato un pranzo di gala…), è stata messa in campo dalle forze dell’ordine. Ad aspettare la celere che ha scavalcato i muri dalla villetta a schiera del vicino diffidente non c’erano vasi o sassi da lanciare. Tanto meno bastoni o altri strumenti di (legittima, a questo punto) offesa. C’erano le barricate erette nella prima ora di occupazione, c’era un gruppo di persone pronto ad interfacciarsi con la controparte e a spiegare le ragioni dell’occupazione, disposta come sempre a prendersi la propria responsabilità politica. Peccato che dall’altra parte, quella parte politica che si riempie la bocca di temi sociali e di vie d’uscita dalla crisi, nessuno avesse in mente di interfacciarsi con l’occupazione. L’unico orizzonte è stato quello dell’ordine pubblico da mantenere, nessuna mediazione politica tollerata.

Non ci stupiamo, sia chiaro, della scelta unilaterale di questa linea di condotta. Fa parte del “gioco”, è nelle cose, come qualcosa che si mette in conto, obtorto collo. Ma non possiamo esimerci dal valutarne la politicità, dal valutare il significato più ampio che riveste questa linea di fermezza, a meno di una settimana – tra l’altro – dal corteo nazionale che ribadirà il no al governo Renzi, alle direttive dell’UE e alle privatizzazioni che smantellano il patrimonio pubblico.

Non possiamo inoltre esimerci dal puntare il dito contro il mandante politico di queste operazioni. Se è stato poco credibile immaginare che Marino fosse all’oscuro dello sgombero delle occupazioni abitative e dell’Angelo Mai lo scorso 19 marzo, questa volta rivendichiamo la certezza di sapere che la giunta comunale e il PD in primis sono i veri responsabili della “giostra” di ieri mattina. Se Renzi è il degno epigone della borghesia europea, il fantoccio della BCE e l’alfiere delle politiche del Fiscal Compact da applicare in Italia – così Marino è l’esecutore silenzioso di chi gli intima di zittire il dissenso, di reprimere l’opposizione sociale e sradicare anche solo la minima possibilità di organizzazione politica di una nuova avanguardia di classe. Lo sapevamo, lo sappiamo, lo ripetiamo: se l’UE è il nemico all’orizzonte, davanti a noi il primo ostacolo da sgretolare è il partito che più di tutti ne sta determinando il percorso politico. Il PD, dunque, è diametralmente opposto al movimento di classe e come tale si accredita nel campo del problema e non delle possibili soluzioni. Ci fa piacere ricordarlo ancora. Ci fa piacere ricordarlo, soprattutto, a quella serie di compagni che di riffa o di raffa hanno trovato il modo, la scusa e la ragione per votarlo, anche indirettamente, al governo di questa città. Complici anche loro della merda che ci tirano addosso ogni giorno. E ora che inizierà la campagna elettorale e saranno pronti a darci una nuova valida ragione per turarci il naso e votare, che respirino a pieni polmoni e che sentano quali odori li circondano: se sarà merda, quella che ci spalano addosso, saremo noi che gli andremo contro a chiedere il conto. O al massimo loro stessi che si staranno cacando sotto. E le due cose, a volte, possono anche coincidere.

Ai compagni e le compagne di Godot, Neet Bloc, alle famiglie e ai/alle occupanti/e di Montagnola e Torre Spaccata, a tutti i fermati, i refertati e gli identificati, va la nostra totale e incondizionata solidarietà.