“Torturavo per il bene dell’Italia”
«Fui prelevato dalla questura, bendato e caricato su un furgone. Mi introdussero in una stanza, mi spogliarono e mi legarono alle quattro estremità di un tavolo, con la testa fuori. Qui, accesa la radio al massimo, iniziò il “trattamento”. L’istinto è quello di agitarti nel tentativo di prendere aria, ma riesco solo a ingoiare acqua. “De Tormentis” dava gli ordini. Dopo un po’ che tieni la testa a penzoloni i muscoli cominciano a farti male e a ogni movimento ti sembra che il primo tratto della spina dorsale ti venga strappato dalla carne».
Non è il racconto di un torturato di una dittatura militare dell’America Latina, ma sono le parole di un ex militante delle BR Enrico Triaca, catturato il 17 maggio 1978 a Roma e sottoposto subito dopo l’arresto da una squadra speciale dell’Antiterrorismo a pratica di waterboarding per alcuni giorni.
Enrico Triaca subito dopo il trattamento speciale denunciò pubblicamente in sede processuale la pratica di tortura a cui era stato sottoposto ma ottenne una condanna a 1 anno e 4 mesi per calunnia nei confronti dello Stato.
Questo episodio come tanti altri, rimangono nel silenzio più totale per molti anni, ma negli ultimi tempi il muro del silenzio eretto dall’apparato si è andato sfaldando sempre più.
Alcuni degli aguzzini , in primis il famigerato De Tormentis, eteronimo di Nicola Ciocia, capo della squadretta di torturatori Ucigos ha rilasciato alcune interviste in cui orgogliosamente confessa l’infame servizio: “Torturavo per il bene dell’Italia”.
Potremmo dire che nel nome dell’Italia si sono commessi i peggiori crimini e gli esempi non mancano di certo: come i seviziatori fascisti che durante la Resistenza rastrellavano i villaggi spargendo morte e terrore, torturavano nelle segrete di Via Tasso gli antifascisti, oppure chi vigliaccamente metteva le bombe negli anni ’70, nelle banche, nelle Stazioni, nelle piazze per conto dello Stato in funzione antipopolare e per tentare di reprimere il grande movimento di operai e studenti che facevano tremare il comitato di affari della borghesia e il suo apparato statale.
Ieri 18 giugno 2013 si è tenuta l’udienza preliminare presso la Corte di appello di Perugia per decidere sulla richiesta di revisione del processo per calunnia presentata da Enrico Triaca. La Corte di appello si è espressa favorevolmente ed è stata fissata per il prossimo 15 ottobre la prima udienza in cui saranno chiamati come testimoni Nicola Rao, giornalista, autore del libro Colpo al cuore, in cui per la prima volta viene citata la testimonianza di Nicola Ciocia, alias Professor De Tormentis, capo della squadretta di torturatori, Salvatore Rino Genova, funzionario di polizia, già condannato per le torture praticate contro un gruppo di militanti delle BR nel 1982 e che ha raccolto la testimonianza del Professor DeTormentis sulla tortura contro Enrico Triaca, il giornalista Matteo Indice, giornalista del Il secolo XIX che nel 2007 raccolse le prime ammissioni sull’esistenza di una squadretta speciale sotto il comando del Ministero degli Interni specializzata nella tortura dei prigionieri politici. La Corte di Appello si è riservata di ascoltare in un secondo momento Nicola Ciocia, in quanto nelle testimonianze che si avranno in prima battuta la posizione del Ciocia/De Tormentis potrebbe tramutarsi da testimone a indiziato. Un gruppo di nostri compagni era presente all’udienza per sostenere la battaglia di Enrico Triaca e perchè riteniamo che sia giunta l’ora di trattare l’argomento della repressione e della tortura negli anni’70, svuotarlo da ogni contenuto vittimistico e dargli la sua reale collocazione, declinabile nella legge generale della lotta di classe e del conflitto senza esclusione di colpi che lo Stato e il suo apparato mette in campo contro tutto ciò che viene ritenuto un pericolo alla sua esistenza. Allora le bombe, le uccisioni selettive, i carceri speciali, la militarizzazione costante, la logica securitaria sono state la risposta sistematica al ciclo di lotta di classe più significativo e più alto che il nostro paese abbia conosciuto.
Ma nostro compito è anche denunciare, fare opera di memoria su quello che tra il 1978 e il 1982 è successo nel nostro paese, sull’operato dello Stato “democratico”, sulla decisione presa ai massimi vertici politici di organizzare una squadra speciale addetta agli interrogatori sotto tortura dei prigionieri politici, gruppo che operava al diretto servizio del Ministero degli Interni.
Va contrastata, altresì, a nostro avviso, l’idea di trattare la la storia di questi anni, come un argomento da analizzare staccato dal presente storico, o come una gita stimolante al museo della storia. Noi pensiamo che lo Stato non abbia mai dismesso questo apparato, anzi abbia mantenuto una continuità anche fisica negli uomini che hanno gestito la struttura repressiva nel nostro paese. Basti pensare alla vicenda Genova/Bolzaneto, in cui alcuni dei dirigenti della polizia protagonisti delle infami giornate del G8 erano dirigenti all’epoca dei fatti di cui si sta parlando.
Noi ci saremo e ci vogliamo stare in questa campagna per liberare gli anni ’70 dalle ipocrisie, dalle menzogne dei tanti ignavi, per rompere il muro del silenzio e dell’omertà. La nostra non è una battaglia rivolta al passato con spirito nostalgico: la nostra è una battaglia volta a camminare nel presente con passi lunghi e ben distesi, sapendo che il sentiero che una nuova leva di rivoluzionari incontrerà lungo la strada dell’emancipazione dalla barbarie capitalista è costellata di tanti sacrifici e difficoltà, tutti però necessari.