Uniti e organizzati al fianco dei facchini!
Torniamo dal corteo di Bologna con delle impressioni più che positive, sintomo che quanto abbiamo detto in questi ultimi tempi sulla vivacità delle lotte nel comparto logistico è un dato reale anche nella pratica di piazza, l’unica deputata ad emettere giudizi incontrovertibili. Poco dopo le 15 di ieri erano oltre 1000 le persone che si sono mosse da Piazza Maggiore in direzione della Prefettura, simbolico arrivo di un corteo che, oltre a dare voce alle lotte di un settore in agitazione in tutta Italia, ha ribadito con forza la solidarietà militante ai 179 denunciati rei di aver bloccato la produzione durante i picchetti selvaggi della scorsa primavera. Un corteo, dicevamo, che ci ha soddisfatto non tanto e non solo da un punto di vista quantitativo – non fosse altro perché si è scontata una promozione un po’ difettosa e si era pur sempre al cospetto di una manifestazione con lavoratori chiamati in piazza da un sindacato di base di categoria, anche se il migliaio di manifestanti è di per sé un buon risultato – quanto per alcuni aspetti qualitativi: a partire proprio dalla composizione di quell’agguerrito serpentone umano che ha attraversato il centro di una Bologna comunque recettiva, incuriosita e sodale soprattutto con i lavoratori in lotta contro l’azienda di casa, la Granarolo. La stragrande maggioranza del corteo era animato (anche nei numerosi interventi che si sono susseguiti dal camion di testa) da migranti, lavoratori e lavoratrici delle aziende del settore logistico che, quantomeno per quelli che non lavorano a Bologna, hanno deciso di “staccare” dai propri turni e raggiungere direttamente la piazza bolognese con i vari pullman che erano stati organizzati per la trasferta. Un aspetto che, a nostro avviso, può non essere scontato e che è il dato più suggestivo se pensiamo a quanto velocemente si stia radicando una coscienza di classe in chi, durante questi mesi di lotta, si è trovato a fronteggiare un’infame controffensiva padronale. Ancora una volta ha infatti preso parola questo nuovo proletariato, le cui fila tendono ad essere ingrossate sempre più da migranti e il cui livello di combattività sembra crescere di sciopero in sciopero, di corteo in corteo. E forse è proprio questo un altro elemento centrale che ha evidenziato la giornata di ieri. I continui richiami all’unità delle lotte, ad una ricomposizione sociale nella lotta di classe, ad una solidarietà che sia parte propositiva e costituente delle lotte (e non solo un ripiego difensivo, un meccanismo da oliare dopo essere stati colpiti dal braccio repressivo), hanno dimostrato che questo nuovo soggetto sociale ha una combattività e una determinatezza su cui pochi avrebbero scommesso. Liberandosi della narrazione tossica degli ultimi 20 anni di globalizzazione mondiale, il precariato migrante non è oggi il soggetto indifeso, l’anello debole della catena produttiva, la parte disposta ad accettare salari da fame per fare i lavori che gli italiani non fanno più. Insomma, nessuna dignità low cost. Questa nuova composizione sta mettendo in campo una convinzione nei propri mezzi che dovrebbe invitare e invitarci tutti ad una riflessione più accurata. Una presa di parola che sta ribaltando diametralmente il piano del discorso, ponendoci l’interrogativo di come organizzare una rabbia sociale disposta a far saltare il piano di compatibilità con cui il conflitto sociale è stato ultimamente reso mansueto, se non innocuo.
Rete nazionale Noi Saremo Tutto