L’anarcocapitalismo razzista di Grillo e Casaleggio
Ieri la contraddizione politica e sociale presente all’interno del M5S è esplosa in tutta la sua evidenza. Da una parte una serie di deputati e senatori espressione di quelle fasce popolari convinte – ingenuamente – che votare quel contenitore fosse il modo migliore per rompere con l’attuale schema politico italiano. Dall’altra i proprietari di quel movimento, che rappresentano invece quella frazione della borghesia internazionale vogliosa di liberare il mercato italiano da quei lacci sociali nel quale è invischiato e che ne impediscono la piena valorizzazione. Queste due posizioni, apparentemente inconciliabili, si sono ritrovate attorno a una serie di parole d’ordine volte a colpire la “casta politica”, il “palazzo”, le storture di un sistema che scontentava tutti, lavoratori e padroni. Una volta in Parlamento, cioè in quel palazzo contro cui a parole ci si scagliava senza ambiguità, però, tali contraddizioni sono emerse prepotentemente. Esattamente come è accaduto ieri.
La possibilità storica di eliminare il reato di clandestinità, contro cui ovviamente si scagliano tutte le forze razziste, in un primo momento è stata giustamente avallata anche da quei senatori del Movimento chiaramente convinti della giustezza della proposta. Poco dopo, però, è arrivato lo stop di Grillo&Casaleggio, inorriditi dal fatto che tale emendamento possa rappresentare un “invito ai migranti ad imbarcarsi per l’Italia”. Il razzismo di una posizione del genere è perfino troppo smascherato, ma è comunque buona cosa segnalare la differenza interna di un movimento dove convivono posizioni politiche troppo diverse per non arrivare allo scontro.
Appare evidente come il tentativo di tenersi buona una larga fetta di elettorato grillino, cioè quella piccola e media borghesia razzista e antistatale, stia producendo un corto circuito politico che determinerà non tanto la scomparsa del Movimento, quanto la sua ricollocazione: da formazione politica vista come di sinistra, addirittura radicale, a movimento simil tea party statunitense, in cui attacco allo Stato dei partiti, valorizzazione dell’iniziativa privata, difesa della nazionalità e della libera imprenditorialità, centralità delle nuove tecnologie, formeranno un calderone sempre più palesemente omogeneo e di destra. Neanche all’interno di Forza Italia, altro partito proprietario, la chiusura verso posizioni non stabilite direttamente dal capo ha assunto nel corso degli anni tale pervasività. L’entrata del M5S in Parlamento ha avuto se non altro il merito di smascherare definitivamente tale formazione politica agli occhi dei lavoratori. Magari non ci sarà una immediata presa di coscienza, ma il cammino è segnato.