PALESTINA: UNA TERRA CANCELLATA DALLE MAPPE Dieci domande sul sionismo

PALESTINA: UNA TERRA CANCELLATA DALLE MAPPE Dieci domande sul sionismo

Con colpevole ritardo decidiamo di consigliare vivamente questa pubblicazione, e cioè gli atti del convegno di Roma del novembre 2009 promosso dal Forum Palestina. Una serie di interventi tesi a analizzare la natura ideologica della dominazione coloniale israeliana in medioriente, e cioè il sionismo.

Se decidiamo di recensire questa pubblicazione oggi è per un intento politico molto chiaro, e cioè tentare di interrompere una determinata retorica viziosa in cui è caduta larga parte della sinistra pro-palestinese, e cioè quella di basare le sue critiche allo status quo di guerra permanente instaurata da Israele solo dall’esclusivo punto di vista umanitario. Israele va condannato, secondo una certa lettura, perché viola i diritti umani, perché non garantisce determinati diritti civili alla popolazione palestinese, perchè sovente conduce operazioni di guerra nei territori sottoposti all’Autorità Nazionale Palestinese e, infine, per la costante tensione, promossa dalla destra israeliana, al tentativo di rendere Israele uno stato confessionale basato sull’ebraicità.

Sebbene tutti questi fattori siano ovviamente presenti e ben evidenti negli atteggiamenti criminali israeliani, questa lettura de-politicizza la questione arabo-israeliana, e basa le sue critiche più sugli atteggiamenti “eccessivi” portati avanti da Israele che non sulla sostanza della dominazione israeliana. Come se la politica israeliana, scevra da determinati atteggiamenti oltranzisti, andasse invece bene, e sia perfettamente legittima la sua presenza e la sua politica. Non è una questione da poco.

Quello che invece l’insieme degli interventi vuole sottolineare, e noi con loro, è che la politica Israeliana è la diretta conseguenza della sua ideologia politico-culturale, ideologia esistente ben da prima della nascita dello stato israeliano, e cioè il sionismo. Corrente politico-culturale che si afferma nella seconda metà dell’ottocento, e che non rappresentava, né all’epoca né fino alla prima metà del novecento, l’espressione maggioritaria e lo sbocco politico necessario e incontrovertibile delle comunità ebraiche sparse per l’Europa.  Anzi, il sionismo si affermerà proprio grazie alla sua essenza colonialista, in combutta prima con tutti i governi europei ottocenteschi, e dopo a seguito delle mire colonialiste europee (soprattutto britanniche ma non solo), che favoriranno lo sviluppo del sionismo a scapito delle altre correnti politiche delle comunità ebraiche. In particolare, ovviamente, reprimendo ed eliminando tutte quelle opzioni di risoluzione socialista o comunista della causa ebraica. In particolare, il sionismo è l’unica espressione politica ebraica (a parte l’ultradestra ebraico-fascista di Jabotinski) che pone la riunificazione degli ebrei in un unico stato. Espressione politica minoritaria, visto che la maggior parte delle comunità, a cavallo fra ottocento e novecento, dichiarava che il problema dell’antisemitismo potesse essere risolto solo attraverso l’emancipazione delle classi oppresse. Ad esempio il BUND, gruppo ebraico nato nella Russia zarista e attivo non solo nella Rivoluzione d’Ottobre, ma anche nella rivolta del ghetto di Varsavia e nella liberazione dal nazismo della Polonia e di altri stati dell’est Europa.

Per sintetizzare, gli ebrei dell’epoca non credevano minimamente (tolte alcune frange più reazionarie) nella ricomposizione statuale delle loro diversità, ed è il progetto coloniale britannico-sionista a immettere artificialmente questa opzione, che si svilupperà dopo la prima guerra mondiale favorita proprio dalle potenze coloniali europee, che stimolarono la nascita di un avamposto occidentale nel cuore del disgregato impero ottomano. Da queste premesse, risulta evidente come sia stata l’evoluzione dello stato d’Israele. L’avamposto coloniale novecentesco è divenuta avanguardia imperialista e capitalista in un area da sempre riottosa alla dominazione imperialista occidentale.

Tutto questo per affermare alcune cose. La prima, è che il problema israeliano consiste nella sua ideologia coloniale, nell’essere Stato coloniale non per necessità, ma per scelta politica ben precisa. E’ la stessa essenza d’Israele ad essere il problema, non le sue continue prevaricazioni dei diritti umani nei confronti della popolazione araba palestinese o israeliana. Non è il suo essere o meno stato confessionale, teocrazia o qualsiasi cosa ritenga opportuno essere, ma il fatto di essere avamposto illegale dell’imperialismo occidentale in un area oggettivamente (anche quando non soggettivamente) antimperialista, così come fu l’avamposto colonialista in una regione controllata dal colonialismo europeo.

E l’unica soluzione possibile, oggi come oggi, non è più quella irrealistica dei due popoli due stati, chiaramente impossibile vista l’assenza di una continuità territoriale palestinese idonea a divenire stato arabo a sé. Ma la creazione di un unico Stato, laico, che veda al suo interno la convivenza delle due religioni, esattamente com’era prima della catastrofe palestinese del 1948.

Ci piace concludere queste riflessioni con le parole dell’ebreo più famoso della storia:

“Qual era in sé per sé il fondamento della religione ebraica? Il bisogno pratico, l’egoismo. Il monoteismo dell’ebreo è perciò, nella realtà, il politeismo dei molti bisogni, un politeismo che persino della latrina fa un oggetto della legge divina. Il bisogno pratico, l’egoismo, è il principio della società civile, ed emerge come tale puramente, non appena la società civile abbia completamente partorito lo Stato politico. Il Dio del bisogno pratico e dell’egoismo è il denaro. Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere…Il Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio mondano. La cambiale è il Dio reale dell’ebreo. Il suo Dio è soltanto la cambiale illusoria[…]” 

Karl Marx, Sulla questione ebraica, febbraio 1844.

Palestina: una terra cancellata dalle mappe Dieci domande sul sionismo

Atti del convegno di Roma (28-29 Novembre 2009)

a cura del Forum Palestina

Edizioni Rinascita Euro 13