Benigni ti volevamo bene.
Ieri sera è definitivamente scomparso Roberto Benigni per come lo conoscevamo. Il guitto toscano, un tempo materiale, osceno, rabbioso, era da tempo affetto da una malattia cronica che ne ha progressivamente minato il corpo e lo spirito trasformandolo in un sessantenne melenso e retorico: il conformismo piddino. Negli anni abbiamo assitito perplessi alla sua elegia dell’inno di Mameli, all’apologia del tricolore e di tutto quel armamentario patriottardo con cui sono stati giustificati gli interventi militari italiani. Eppure, nonostante tutto, speravamo esistesse ancora una cura che ce lo restituisse. Poi, dopo averlo sentito equipare il nazismo e il comunismo, dopo averlo visto elevare i democristiani a padri nobili della patria, ci siamo dovuti arrendere all’evidenza. Continuare a insistere sarebbe stato accanimento terapeutico e non ce la siamo sentita visto che noi semo quella razza che l’è tra le più strane che bruchi semo nati e bruchi si rimane. Quella razza semo noi l’è inutile far finta: c’ha trombato la miseria e semo rimasti incinta. Addio Roberto.
Mario Cioni e i compagni della Militant
comunque a noi piace ricordarti così…