e dopo il 14 (dicembre) è arrivato il 15 (ottobre)…
A mente fredda e con gli occhi decongestionati proviamo buttare giù alcune prime e parziali riflessioni su quanto è successo ieri a Piazza San Giovanni. Cominciamo col dire che in piazza non c’erano nè buoni nè cattivi. Così come non c’erano i black bloc infiltrati, i poliziotti provocatori, gli ultras fascisti… o gli extraterrestri venuti da Marte a rovinare il corteo. Chi, anche a sinistra, oggi ripropone questa chiave di lettura: o non è in grado di “leggere” quello che sta accadendo in questo Paese o, molto peggio, lo ha capito ma fa finta di niente pur di seguire i propri interessi di bottega. Prestando il fianco, in entrambe i casi, a chi già da ieri sera reclamava a gran voce “pene severe” per i compagni e le compagne arrestate. In realtà, almeno per come la vediamo noi, è accaduto quello che era già successo il 14 dicembre scorso. La piazza ha esondato e scavalcato ogni struttura, gruppo, sindacato o partito; ha ignoranto accordi presi in riunioni o assemblee di cui forse neppure era a conoscenza e ha praticato la propria rabbia spontaneamente e nell’unica forma concreta in cui gli era possibile. E nel farlo ha resistito coraggiosamente per ore e ore alle cariche della polizia. Provare quindi ad accollare quello che è successo a questa o quell’altra organizzazione, come oggi fanno alcuni giornali, ci pare un esercizio inutile oltre che sbirresco. Così come ci sembra inutile attardarsi dietro al perbenismo ipocrita di quei “sinceri democratici” che inorridiscono di fronte a un cassonetto bruciato, ma poi plaudono alle proteste che incendiano le città del resto del mondo. Di questa sinistra “presbite” che vede bene le rivolte solo quando divampano in lontananza non sappiamo proprio cosa farcene. Crediamo invece che il nodo intorno a cui ragionare, almeno per chi vuole “abolire lo stato di cose presenti” sia non tanto chi abbia acceso il cerino, o perchè l’abbia acceso, quanto piuttosto il fatto che la prateria abbia preso immediatamente fuoco. C’è un pezzo importante del nuovo proletariato metropolitano che si rende disponibile al conflitto, alla lotta. Forse non sarà centrale nella nuova composizione di classe, però è indispensabile. Fuori da ogni moralismo, dunque, la riflessione che gli scontri di Piazza San Giovanni, così come quelli di Piazza del Popolo, impongono al movimento di classe è come evitare che questa radicalità venga dissipata. Come riuscire a trasformare questa rabbia “corta” in un progetto di trasformazione sociale. Magari partendo con l’assumere in pieno il peso della nostra inadeguatezza.
il fatto è che noi nun semo indignati… a noi ce rode proprio er culo!
PS: nella pagina Re-post abbiamo aggiunto il condivisibile comunicato sulla giornata del 15 ottobre dei No-Tav.