il nesso di Barletta
Crediamo che ci sia un nesso che lega la crisi, o meglio la via d’uscita dalla crisi prospettata e praticata dai padroni, e la tragedia che l’altroieri è costata la vita a quattro operaie tessili e alla figlia del padroncino. Non stiamo sostenendo che ci sia un rapporto stretto di causalità/effetto, questo no. La piaga del lavoro nero e del diprezzo per ogni più elementare norma di sicurezza sono parte integrante del nostro sistema produttivo da ben prima che la crisi si manifestasse nelle sue forme più eclatanti. Lo dimostrano le migliaia di vittime che la guerra del Capitale contro il Lavoro miete ogni anno. C’è però un filo nero che parte da quel maledetto scantinato dove le operaie venivano sfruttate per 4 euro l’ora per 14 ore al giorno e sale su, in alto, fino alle stanze dei bottoni dove in questi mesi si stanno decidendo le sorti di milioni di proletari. Un filo tanto forte quanto, al momento, invisibile ai più. Chi crede che ci sia una mancanza di leadership mondiale si illude. Chi dice che la borghesia non sappia quale strada prendere si sbaglia. Quanto poi questi “rimedi” siano efficaci o non servano a far altro che a procrastinare e approfondire il problema, beh, questo è un altro paio di maniche. Di fronte alla crisi di valorizzazione del Capitale (perchè di questo si tratta) la risposte che vengono date ci paiono essere essenzialmente due: da una parte l’accelerazione della “rivoluzione/trasformazione/innovazione” delle forme di produzione, che porta ad un ulteriore risparmio di lavoro vivo; dall’altra l’intensificazione dell’estrazione di plusvalore assoluto (aumento dell’orario di lavoro, allungamento dell’età pensionabile) e di plusvalore relativo (intensificazione dei ritmi, aumento della produttività…). Siamo dei veteromarxisti? Forse, ma intanto alcuni dati sembrerebbero corroborare questa lettura. Basterebbe leggersi bene cosa prevede l’accordo aziendale a cui l’alfiere della modernità Marchionne tiene tanto, oppure soffermarsi a ragionare sullo scontro intorno all’articolo 8 che oppone lo stesso Marchionne alla Marcegaglia e ad un pezzo di Confindustria. Oppure, tanto per uscire dalle secche del nostro capitalismo provinciale, dare un’occhiata all’ultimo rapporto dell’OIL. Stando a quanto riportava un editoriale del Corriere della Sera del 13 settembre scorso nei 34 paesi dell’OCSE i disoccupati reali sarebbero arrivati a 100 milioni. Negli USA, nonostante già da prima dell’estate il volume delle merci prodotte sia tornato ai livelli pre-crisi, la disoccupazione ufficiale oscilla intorno al 10%. I lavoratori riassorbiti dal mercato del lavoro statunitense sono dunque molti di meno degli oltre 8,4 milioni di posti di lavoro persi dalla fine del 2007. E quand’anche questo avviene, le condizioni salariali e lavorative sono estremamente peggiorate. Basti questo dato elaborato dal Boston Counsulting Group: nel 2015 il salario medio di un operaio cinese equivarrà al 69% di quello di un operaio statunitense, nel 2000 era pari al 36%. Il salario reale di un lavoratore nordamericano è fermo al valore del 1975, e c’è da credere che per il resto dei paesi occidentali la situazione non sia poi così diversa. La forbice salariale tra metropoli e periferia si sta chiudendo… al ribasso. Ci pare, a naso, che la crisi ci stia restituendo una composizione di classe in cui l’elemento egemone, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, sia quello di un proletariato urbano, scolarizzato però dequalificato, precario, difficilmente sindacalizzabile e facilmente intercambiabile. Quello, per intenderci, che in maniera più o meno consapevole ha dato fuoco alle banlieue di Parigi, ai sobborghi di Londra, ai quartieri di Atene e che ha occupato le piazze di Tunisi e de Il Cairo. Se questo è vero, come crediamo, allora la tragedia di Barletta ci dice molto di quale “modernità” ci si prospetti davanti. Quella in cui, se non capiamo in fretta come tornare all’offensiava, un qualunque sindaco del PD potrà arriva a dire: non mi sento di criminalizzare chi, in un momento di crisi come questo viola la legge assicurando, però, lavoro…