Suggestioni di mezza estate
E’ un’estate movimentata per la sinistra italiana. Fervono preparativi, si costruiscono alleanze, si stringono patti; l’obiettivo è trovarsi pronti per l’autunno caldo (?) della politica. Da più parti, anzi ovunque di guardi, sono iniziate le consultazioni, gli approcci, tentativi di riconciliazione o di riposizionamento. E’ un bene? E’ un male? Chissà, il futuro è incerto, le dinamiche le più disparate. Manca però una strategia di fondo, un obiettivo comune e accomunante che leghi le diverse esperienze, una visione complice dell’avvenire.
Su un punto notiamo che tutti convergono, e ci pare di concordare: in autunno molti nodi verranno al pettine, sia a livello nazionale che locale, sia a livello politico che sociale: trovarsi preparati è obbligatorio se non si vuole restare esclusi dal gioco. Al livello sociale i frutti avvelenati della crisi faranno sentire il loro peso, e la battaglia di Pomigliano è solamente un antipasto del tentativo di ri-strutturazione industriale del capitale. A livello politico i giochi sono ormai aperti: la decadenza di Berlusconi è evidente e la fine già si intravede. Non si nota ancora però la fine del berlusconismo, ancora saldo al potere, imperante, egemone, dilagante. Basterà l’uscita di scena di Cesare per invertire la rotta? Anche qui, difficile prevederlo.
In questo contesto assolutamente fosco, nebuloso, le certezze ormai si riducono allo zero. I tentativi politici, anche i più eretici, sono stati avviati e fra poco tempo verranno palesati. Criticarli, o anche solo commentarli, ci sembra ingiusto, anche perché in questo deserto sociale e politico europeo non abbiamo più riferimenti a cui guardare. Ne abbiamo, invece, in altre parti del mondo, ma anche in questo caso tradurre nel nostro contesto esperienze lontane e diverse non è sinonimo di vittoria.
Alcune cose, però, vorremmo condividerle. Come abbiamo detto, manca in questo rimescolamento di carte una strategia comune. Sicuramente si cerca di condividere un tentativo di allargare un opposizione al modello culturale dominante. Cercare di unire le forze. Tutto questo però non vogliamo dovesse concludersi con un tatticismo fine a se stesso. Cercare di accorpare le esperienze più disparate in nome di un cambiamento politico che non preveda un pensiero comune su un cambiamento sociale potrebbe essere più deleterio che utile. Cercare di attuare un politicismo che sia fine a se stesso e non preconizzante un nuovo modello di sviluppo è un errore nel quale è bene non cadere. Non fosse altro che sarebbe un tentativo di innovazione che sa di vecchio. Un film già visto, che ha già contribuito al fallimento dell’idea di sinistra, nel nostro come negli altri paesi occidentali.
Sicuramente, in questo periodo di bassa marea politica, sociale, esistenziale che siamo costretti a vivere (ma di cui portiamo alcune colpe), non si può pretendere la luna. Certo è che un programma sociale minimo va in ogni caso ricercato. Allargare e far convergere una opposizione politica al berlusconismo senza organizzare l’opposizione sociale al liberismo e al mercatismo economico è pura tattica con poco futuro davanti a sé. E’ facile organizzare una opposizione alla destra, si potrebbe imbarcare di tutto, dai neo-comunisti ai neo-democristiani. E’ questo quello a cui aspiriamo? Non credo. Perché se Berlusconi è il male, noi dobbiamo intravedere e ricercare un inizio di bene, di miglioramento reale, e non un cambio della guardia fra una destra inguardabile e una qualche forma di centrosinistra capace soltanto di spalancare le porte ad un’altra vittoria della destra nel nostro domani. Per questo noi dobbiamo essere alternativi non solo alla destra, ma anche a questa sinistra. Dobbiamo tornare ad organizzare l’opposizione sociale, e non quella politica, di questo paese. E come possiamo organizzare questo dissenso, che pure esiste, se le uniche cose che possono legare questi esperimenti sono delle alchimie politiche concordi nell’antiberlusconismo, anche feroce, ma incapaci di trovare un pensiero comune sul lavoro e sui lavoratori, sul ruolo del sindacato, sui territori e i luoghi di produzione, su una rilettura critica della nostra storia comune?
Insomma, cercare di riproporre una nostra visione del mondo, una nostra narrazione, una visione comune che ci guidi idealmente, che ci faccia ritrovare il senso di comunità fra di noi e che combatta l’egemonia culturale della destra è necessario ma non è semplice, e non parte dalle alleanze politiche, ma queste ne sono semmai il frutto; tutto quello che poteva essere valido nel passato non lo è più, e ne vanno ricreate le condizioni; e per ricrearle non si può partire dall’alto, dalla fine, dalla conclusione di questo processo, che sono poi le terminazioni politiche e partitiche che sintetizzano le spinte della società e le organizzano per portarle al potere. Bisogna ricostruire sulle macerie di questo trentennio non confondendo la causa con l’effetto.
In conclusione, l’opposizione politica a questo governo è giusta ma è una spinta molto parziale e non determinante rispetto alla posta in palio. Bene che vada, può riportare al potere un centrosinistra che vara i pacchetti Treu, le leggi Turco – Napolitano, i bombardamenti in Yugoslavia. E che spiani la strada ad una sua nuova sconfitta politica senza aver minimamente cercato un cambiamento sociale. E invece la nostra strada dev’essere quella di tornare a organizzare l’opposizione sociale al liberismo, al capitalismo. Creare un humus sociale favorevole, che sia alternativo a questo sistema e di cui la politica ne sia semmai succube. Insomma, è il potere che ci deve inseguire e semmai tentare di moderarci, di spegnerci, e non noi essere il volano di un nuovo potere senza futuro.