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Un breve articolo tratto da Carmillaonline; l’ultima fatica editoriale di Cesare Bermani presentata dalla penna di Valerio Evangelisti.
Cesare Bermani: FILOPANTI. ANARCHICO, FERROVIERE, COMUNISTA, PARTIGIANO
di Valerio Evangelisti
Cesare Bermani, Filopanti. Anarchico, ferroviere, comunista, partigiano, Odadrek, 2010, pp. 130, € 14,00.
Uno dei più importanti storici del nostro paese, Cesare Bermani, non ha mai ricevuto riconoscimenti accademici di rilievo (almeno credo), e forse è meglio così. Tra i fondatori dell’Istituto Ernesto De Martino, tra gli animatori di quella straordinaria fucina di talenti che fu la rivista Primo Maggio, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, Bermani è stato il più illustre e coerente portavoce della “storia orale” (nata su suggestioni di Gianni Bosio, senza adeguarsi alla versione “istituzionale” della stessa disciplina), di cui ha anche descritto metodologia e presupposti scientifici (Introduzione alla storia orale, 2 voll., Odadrek, 1999-2001).
Grazie a Bermani, e quasi solo a lui, oggi conosciamo in dettaglio pagine oscure o trascurate della storia del movimento operaio italiano: dalla Volante Rossa (La volante rossa, Colibrì, 2009) alla “battaglia di Novara” del 1922 (La battaglia di Novara, Derive Approdi, 2010). Altrettante bibbie per ogni antifascista.
Questo Filopanti. Anarchico, ferroviere, comunista, partigiano, è tra i migliori risultati della ricerca di Bermani. La biografia di un personaggio caduto nell’oblio ci è restituita senza una riga di commento, bensì attraverso brani di intervista, documenti, frammenti di testimonianze – passati attraverso vagli ripetuti, fino a solidificare una verità quasi indiscutibile. L’esito è impressionante. Un’identità dimenticata risorge in ogni sua dimensione, da quella politica a quella umana, e diventa specchio di un’epoca in cui si riflettono tante esperienze similari. Senza che l’autore dell’assemblaggio intervenga a suggerircene il profilo.
Chi era “Oreste Filopanti” (vero nome Emilio Colombo)? Un ferroviere nato a Milano nel 1886, morto nel 1966. Uomo comune? No, per niente. Entrato nelle ferrovie diventa un agitatore dell’Unione Sindacale Italiana, di ispirazione anarcosindacalista. Per la sua attività, legata all’ala sinistra del sindacato (che ne ha anche una di destra, affascinata dal nazionalismo), subisce rappresaglie e continui trasferimenti. Tiene duro, riesce finché possibile a mantenere coesa la sua famiglia, e in qualche modo a nutrirla. Arriva il fascismo, e per lui è il licenziamento, il carcere (ha picchiato un crumiro), una serie di angherie. Impossibile ormai trovare un lavoro stabile: deve arrangiarsi come può, spostarsi qui e là.
Lo ritroviamo partigiano, partecipe di battaglie campali contro i nazifascisti. Ora è comunista: è transitato dall’anarchismo al PCI senza passare per i socialisti, che lo hanno sempre esasperato per la loro remissività di fondo, anche quando ammantata da retorica rivoluzionaria. Partecipa alla breve esperienza della Repubblica dell’Ossola, con funzioni di capo della polizia (in una compagine politica che vedeva i comunisti minoritari) e di addetto all’epurazione. Diverrà noto per abbaiare molto ma poi cedere facilmente alle suppliche.
Nel dopoguerra Filopanti svolge modeste attività di partito, si batte per i braccianti del novarese colpiti dalla repressione, si prodiga per chiunque gli chieda aiuto. Mantiene il suo caratteristico temperamento focoso e la bonarietà di fondo. Muore povero a Torino nel 1966.
Di Filopanti / Emilio Colombo oggi sapremmo poco o nulla, se Bermani non avesse registrato i ricordi della sua vita, per poi confrontarli con la restante documentazione accessibile. Cesare Bermani è l’alternativa – forse la sola efficace – al dilagare dei Pansa e degli altri revisionisti più o meno cialtroni. Cosa fu effettivamente il fascismo? Un blando regime paternalista, colpevole solo della guerra e delle leggi razziali, oppure uno spietato meccanismo teso a sradicare la malapianta degli umili in cerca di riscatto?
I tomi indigeribili di De Felice inducono alla prima conclusione. La storia elementare di un ferroviere coraggioso sposta l’ago della bilancia verso la seconda. Con un accento straordinario di verità, anche perché affidato senza filtri – a parte quello ovvio della scelta dei valori di fondo – alle parole di chi visse l’esperienza sulla propria pelle.
Una bibbia per antifascisti, ripeto. E nessuno provi a dirmi che “fascismo” e “antifascismo” sono termini superati. La vita del ferroviere Filopanti dimostra dove stia il discrimine.