Consigli (o sconsigli) per gli acquisti
Il 12 dicembre del 1969 una bomba squarcia l’atrio della Banca Nazionale dell’Agricoltura. A metterla sono stati i fascisti, a commissionarla è stato lo Stato, a pagarla è stato il padronato. E’ l’inizio di quella strategia della tensione che ha come obiettivo il movimento dei lavoratori. Ordigni “stabilizzanti” che uccideranno indiscriminatamente decine di persone, stragi per cui nessuno pagherà. Il potere si autoassolve e rimuove ogni ricordo, cancella ogni responsabilità. Nel grigiore dell’oblio i responsabili sfumano, si fanno nebbia, si confondono. E così, qualche decennio più tardi, generazioni di studenti universitari, interrogate sulla strage di Piazza Fontana, ascriveranno le responsabilità dell’eccidio alle Brigate Rosse. L’operazione può forse dirsi conclusa, il grande fratello ha finalmente riscritto la storia. Le vittime del terrorismo e della lotta armata vengono tutte, indistintamente, commemorate il 9 maggio, giorno del ritrovamento del cadavere di Moro, giorno in cui l’assassinio di Peppino Impastato, un militante comunista ucciso dalla mafia e dallo Stato, viene nascosto in taglio basso nelle cronache locali dei giornali. Tempi difficili questi, tempi in cui la memoria diviene un imprescindibile campo di battaglia politica, tempi in cui ogni munizione in più vale l’oro che pesa. E’ per questo motivo che non può che farci piacere la ripubblicazione, dopo 35 anni, della graphic novel scritta da Castelli e Gomboli, e magistralmente disegnata da un giovane, e politico, Milo Manara. Un volumetto voluto dall’allora PSI e distribuito gratuitamente in 600.000 copie durante la campagna elettorale del 1975. La dimostrazione, per chi guarda con diffidenza gli innamorati delle nuvole parlanti, che il fumetto può essere molto di più che un sottogenere letterario destinato ad un pubblico di adolescenti (o eterni tali), ma che si tratta, invece, di un media incredibilmente potente, ed efficace.