la (loro) “libertà” di stampa
E’ possibile scrivere un reportage sulla condizione economica di un Paese senza menzionare mai, neanche in un capoverso, il fatto che quel Paese soffra un blocco economico da oltre 50 anni? Che razza di informazione potrà mai trarne il lettore medio che acquista il quotidiano? Che valore potrà mai avere quel cosiddetto reportage? Ce lo chiediamo perchè per la seconda volta in pochi giorni l’altroieri Rocco Cotroneo, autorevole firma del Corsera ed storico inviato per l’america latina, è tornato a scrivere di Cuba (leggi). Il 16 giugno ci aveva deliziato con ben due pagine dedicate ai cosiddetti dissidenti 2.0 (leggi), ovvero alla nuova generazione di militanti anticastristi online. Il giornalista, evidentemente a corto di nomi, è arrivato ad arruolare tra le loro fila, oltre alla vezzeggiatissima e sempre presente Yoani Sanchez, anche il cantante dei Porno Para Ricardo. Un gruppo punk balzato agli onori delle cronache internazionali perchè il loro cantante era stato arrestato e multato dopo essersi ubriacato e aver minacciato i vicini di casa. Ovviamente la cosa venne subito dipinta dalla “libera” stampa internazionale come un grave atto di negazione dei diritti umani, salvo poi spiegarci come fosse possibile che un gruppo di perseguitati politici potesse addirittura disporre di un proprio sito. Viene da chiedersi inoltre con quale faccia questi stessi sinceri democratici invochino le ronde contro i punkabbestia che bivaccano nei quartieri della movida italiana. E viene da chiedersi anche come sia possibile scrivere un pezzo tutto incentrato sull’accesso a internet senza prima informarsi su come l’intera isola sia collegata alla rete globale. Così, giusto per completezza di informazione. Giusto per sapere e far sapere a propri lettori che 11 milioni di cubani possono disporre di un’ampiezza di banda pari a quella di qualche decina di internet point europei. E questo perchè il cavo telefonico che passa vicino all’isola è di proprietà nordamericana e quindi inaccessibile. Ci si dirà che non tutti debbono per forza conoscere le leggi e i contratti della telefonia internazionale, vabbè, passi pure, ma il bloqueo proprio no. Un giornalista che da anni viaggia per l’america latina non può non sapere che da cinquantanni gli Stati Uniti hanno ingaggiato una guerra economica contro Cuba. Non può non sapere che dopo l’implosione del blocco sovietico questa guerra non solo non è cessata, ma addirittura si è rafforzata con le leggi Helms-Burton e Torricelli e con il Plan Bush. E allora, se si rimuove questo punto di partenza, qualsiasi discorso sulle difficoltà economiche che pure ci sono, e che gli stessi cubani non hanno mai nascosto, lascia il tempo che trova e tutte le domande che prima ci ponevano finiscono con l’avere una sola risposta: la malafede del giornalista.