and the winner is…
Ieri è stato assegnato il Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, condannato ad 11 anni di carcere lo scorso dicembre per incitamento alla sovversione dello stato. Subito dopo che si era diffusa la notizia le agenzie di stampa di mezzo mondo hanno battuto le reazioni pressochè unanimemente entusiaste di tutte le cancellerie occidentali che ne hanno richiesto l’immediata liberazione. Sappiamo bene che nel mondo dominato dall’egemonia imperiale vige la doppia morale, i due pesi e le due misure, però, a costo di apparire ingenui, una domanda la formuliamo ugualmente. Da dodici anni ci sono 5 cittadini cubani sepolti da condanne ingiuste ed abnormi in altrettanti carceri statunitensi. Sono stati vittime di torture fisiche e psicologiche, sono stati oggetto di un processo pregiudizievole e indiziario e, nonostante non siano neanche stati imputati per fatti di sangue, sono stati condannati all’ergastolo per il reato di “cospirazione” (leggi la loro storia). Come mai di loro nessuno parla? Coma mai non viene assegnata loro nessuna onorificenza internazionale? Domande retoriche di cui conosciamo le risposte, così come sappiamo che i diritti umani col Nobel a Xiaobo non c’entrano nulla. C’entrano eccome, invece, le pressioni affinchè Pechino rivaluti la sua moneta nei confronti del dollaro e dell’euro. Uno Yuan “debole” favorisce l’export cinese, già primo al mondo per volumi di vendite, e sottrae quote di mercato sempre più importanti alle multinazionali occidentali. Valgano su tutte le parole di Tim Geithner, segretario al tesoro degli USA: I successi iniziali nel contrastare la crisi rischiano di essere azzerati dagli sforzi minimi di certi Paesi. C’è chi fa ostruzione alla rivalutazione della propria moneta. Poi, chi vuol capir capisca…