Visti per voi
Chi scrive nutre quasi una venerazione per il Clint Eastwood regista, autentico paradosso a stelle e strisce che pur non facendo mistero delle sue simpatie repubblicane negli ultimi anni ha saputo realizzare degli autentici capolavori, tanto nella forma filmica che nella sostanza. Pensiamo, per citare quelli che più ci hanno colpito, a Mystic River, a Million Dollar Baby e per ultimo al bellisimo Gran Torino. Pellicole nelle quali Eastwood ha dimostrato come si possano narrare magnificamente delle storie senza dover per forza ricorrere al montaggio sincopato, ai ritmi incalzanti o agli effetti speciali ultramilionari, sotterfugi con cui Hollywood spesso nasconde la propria mancanza di idee. E senza rannicchiarsi nella speculazione ossessiva del proprio ombellico, come invece troppo spesso accade al cinema europeo. Proprio per queste ragioni siamo andati a vedere Invictus pieni di aspettative che, però, sono rimaste in gran parte disattese. Il film è ben girato, gli attori sono bravi, le riprese sul campo da gioco rendono bene l’atmosfera di una partita di rugby… eppure mentre scorrono i titoli di coda si ha la precisa sensazione che questa volta più di qualcosa non abbia funzionato. Il messaggio della pacificazione e dell’integrazione necessaria tra neri ed afrikaneer finisce col prevalere sulla storia rendendola inverosimile, didascalica, e quindi, paradossalmente, meno efficace ed utile agli intenti “pedagogici” del regista. La pellicola è intrisa di un buonismo a tratti esasperante che non restituisce per nulla i conflitti, la rabbia, e perchè no, l’odio di classe e razziale di un paese che usciva da decenni di apartheid. C’è una scena che più di altre rende bene quanto stiamo affermando. Verso la fine del film, in occasione della finale dei campionati mondiali di rugby, il Sudafrica viene rappresentato come un paese incollato alle radio e alle TV, senza distinzione di razza o di classe sociale. Un ragazzino nero, mendicante, si avvicina ad un’autopattuglia della polizia, formata da bianchi, che è ferma in un parcheggio ad ascoltare la partita. Il ragazzino da prima viene allontanato malamente, ma poi, mentre gli “springboks” realizzano l’impresa contro i favoritissimi All Blacks, i poliziotti gli concedono di ascoltare la radio insieme a loro, fino ad arrivvare ad abbracciarlo e sollevarlo in aria dopo il fischio finale dell’arbitro. Il tutto con tanto di poliziotto (bianco) che gli calca in testa il berretto d’ordinanza. Gli stessi poliziotti che fino a qualche mese prima sparavano impunemente sui manifestanti, braccavano i militanti neri e li seppellivano nelle carceri del regime razzista. Peccato, un’occasione mancata, anche se sbagliare un film è concesso a tutti, soprattutto a Eastwood.