l’Italia, la mafia e i colpi di stato
Qualche giorno fa alcune interviste apparse su Repubblica hanno lanciato dei messaggi e delle ipotesi cha a prima vista hanno dell’incredibile. Prima Piero Grasso, il procuratore nazionale antimafia, poi l’ex presidente del consiglio dell’epoca, Ciampi, hanno sostanzialmente affermato che, nel biennio 1992-1993, l’Italia corse seriamente il rischio di subire un colpo di stato. Il vuoto di potere era evidente, si era appena usciti da tangentopoli e dalla caduta del muro, e i partiti storici si stavano eclissando. In più, si stava uscendo dalla manovra economica più pesante dal dopoguerra, la manovra Amato.
In particolare, Grasso ha affermato che dal 1989 al 1993 fu appaltata alla mafia una strategia della tensione per creare le condizioni sociali e politiche adatte alla nascita di un nuovo soggetto politico, che altrimenti non avrebbe avuto nè credibilità nè possibilità di vedere la luce. Strategia della tensione creata ad arte da alcune forze politiche e militari del cosiddetto anti-stato, cioè da soggetti appartenenti ai servizi segreti deviati con la complicità di forze militari e politiche, che hanno usato la mafia come braccio armato del potere.
Ciampi, dal canto suo, ha letto la situazione dalla sua carica dell’epoca. A un certo punto, ed è la parte più inquietante, la notte delle bombe a Roma a san Giorgio al Velabro Ciampi cerca di mettersi in contatto col Presidente della Repubblica Scalfaro, ma tutte le linee sono interrotte, e le più alte cariche dello Stato sono impossibilitate a mettersi in contatto tra loro. La mattina seguente viene subito convocato un Consiglio di Difesa straordinario e un Consiglio dei Ministri, anch’esso straordinario.La situazione era effettivamente anomala.
Come leggere queste dichiarazioni, che se fossimo in un paese normale avrebbero per settimane le prime pagine dei giornali? Perchè le si legge solo su un quotidiano, e non solo non vengono riprese dal resto dei media, ma neanche il Governo sente la necessità quantomeno di chiarire, di smentire, se non di avviare commissioni di inchiesta per appurare la verità? I due personaggi in questione tralaltro non sono neanche dei politici, o dei giornalisti. Insomma, lungi da loro la ricerca della visibilità mediatica fine a se stessa. Uno è un procuratore nazionale anti-mafia, l’altro un ex presidente del Consiglio e della Repubblica, ormai da tempo in pensione da ogni carica. Dunque? Certo, potremmo pensare ad un protagonismo politico di Repubblica, che per screditare il Governo e Berlusconi arriva a inquinare in maniera plateale il persorso politico di Forza Italia. Ipotesi da non scartare, ma il prestigio e il ruolo di chi ha rilasciato le dichiarazioni non sono da sottovalutare. E poi, ragionando nel merito, cosa è avventuo in quegli anni?
A nostro avviso, ci sono due ipotesi in campo. La prima è che, soprattutto in Italia, e i tentativi precedenti lo confermano, la minaccia di un colpo di stato è sempre servita a preparare il terreno a cambiamenti politici ed economici rilevanti. Insomma, la situazione non è più sostenibile, bisogna cambiare; se con le buone bene, se no ricorriamo alle maniere forti.
L’altra ipotesi è che il colpo di stato sia effettivamente avvenuto. Insomma, non stiamo più negli anni ’20, o in America Latina. Solo noi possiamo ancora pensare che i colpi di stato avvengano ancora con i militari che salgono in parlamento con la feluca in testa. Il colpo di stato è avventuo, strisciante, indolore. Chi doveva prendere il potere lo ha preso, le riforme che si dovevano fare sono state fatte, e così abbiamo salvato capra e cavoli, e cioè una parvenza di democrazia e le riforme che il capitalismo internazionale ci chiedeva.
Vediamo adesso i fatti. Nel 1993-1994 sale al potere una nuova forza politica. Una forza che non ha ragion d’essere, che nella prima Repubblica non avrebbe mai visto la luce del sole. Una forza guidata da un imprenditore pluri-indagato, composta quasi esclusivamente dal consiglio d’amministrazione di Publitalia, l’azienda di riferimento di Berlsusconi. Si fa nascere questa forza senza alcun retroterra politico in poco più di un mese, e inaspettatamente vince la prima tornata elettorale utile grazie, soprattutto, alle televisioni, ai media.
Contestualmente, nel 1993 avvegnono gli accordi sindacali che decretano la fine del lungo ciclo di lotte iniziato sul finire degli anni ’60. Se nel 1980 avviene la marcia dei 40.000 che ne decreta la fine simbolica, e nel 1984 viene ridimensionata la scala mobile sotto il Governo Craxi, è nel 1993 che tutto questo viene sancito. Guarda caso, è proprio dal 1993 che i salari italiani, prima fra i più alti d’Europa, iniziano a declinare, a perdere anno dopo anno sempre più potere d’acquisto. Insieme a questo, la manovra Amato. Se gli odierni 24 miliardi di euro sembran tanti, pensate all’epoca quei 93 mila miliardi di lira cosa potessero essere. 50 miliardi di euro di tagli, di licenziamenti, di servizi ridotti, di pensioni tagliate. Tre anni più tardi, la riforma Dini sulle pensioni, poi due anni più tardi il pacchetto Treu sul lavoro, che introduce e normativizza la precarietà.
Insomma, dal 1993 al 1997, quattro anni, l’Italia viene normalizzata. Un paese anomalo, sicuramente all’avanguardia nelle lotte di classe sul lavoro, e con un tenore di vita piuttosto alto, viene devastato da una serie di riforme economiche richieste dal FMI, dalla Banca Europea e più in generale dal capitalismo globalizzato. Tutto questo in quattro anni, dopo trenta e passa di lotte e di avanzamenti politici e sociali.
Se questi sono i fatti, poco importa chiarire se il colpo di stato c’è stato o è stato solo minacciato. Nei fatti è avvenuto; nei fatti l’Italia di quegli anni è cambiata, ed è quella di oggi, un paese governato dalle televisioni, dalla P2 che ha portato a termine il suo programma, da finti saltimbanco guidati dal capitale globale.
Dunque c’è stato questo Golpe?