A las barricadas contra el gobierno Rajoy
Mesi di mobilitazioni di massa non hanno impedito l’ennesima svolta a destra di un paese europeo. In questo caso, la destra post(?) franchista spagnola si è imposta nettamente nei confronti del PSOE. Unico motivo di sollievo, l’affermazione della sinistra indipendentista basca e il notevole avanzamento dell’Izquierda Unida. Ben poca cosa, a fronte di un cambiamento che era ampiamente nell’aria, e che le mobilitazioni dei mesi passati non hanno minimamente invertito.
Anzi, paradossalmente, la spallata finale al governo Zapatero l’hanno data proprio le mobilitazioni degli indignados. Il paradosso per cui la partecipazione popolare europea di questi mesi non riesce ad intervenire nelle dinamiche politiche istituzionali, e anzi semmai provoca spostamenti a destra dell’asse politico, è uno dei nodi più importanti che prima o poi dovremmo affrontare, e sciogliere. Le mobilitazioni non riescono a produrre risultati politicamente concreti, e anzi aumentano lo spaesamento a la disaffezione verso la politica, che però nei fatti viene capitalizzata dalle destre. Non che una vittoria del PSOE avrebbe cambiato il giudizio, visto che anche in Spagna il partito unico neoliberista è trasversale ai due maggiori partiti. Ma è un segnale da non sottovalutare.
Qualche giorno fa Saviano, da New York, diceva che la forza di questi movimenti sta proprio nella loro diversità, nel loro anti-ideologismo, nel loro essere contenitori di diversità. E citava, come esempio, che al loro interno c’era – politicamente – di tutto: “Alcuni sono liberali, alcuni anarchici, altri si dichiarano socialisti, libertari, ambientalisti, democratici, e ci sono persino ragazzi che si definiscono repubblicani. Troviamo ragazze e ragazzi atei e molti credenti. Ci sono musulmani, ebrei, indù, buddisti e cristiani. Molti ventenni, ma tanti manifestanti sono più maturi. Ci sono studenti e disoccupati..”
E’ sintomatico che non citi i comunisti. Non per anacronistiche rivendicazioni d’appartenenza, ma perchè la vera forza sottostante al movimento comunista in questi due secoli è sempre stata la chiara visione alternativa della società. Non pretendiamo le bandiere rosse e le falci e martello in piazza, forse non è neanche il momento per rispoleverare l’argenteria, o forse è il caso di trovare altri simboli e altre parole per esprimere una propria appartenenza politica.
Ma la tendenza “socialistica”, presente in tutte le proteste di massa dall’inizio della storia ad oggi, quella è già un programma d’azione. Ed forse è proprio ciò che manca in molte di queste proteste.
La sfiducia verso il neoliberismo non è accompagnata da una chiara visione alternativa della realtà, e il non averla relega queste proteste nell’anonimato politico: fanno scalpore, ma non incidono sul reale; creano simpatia, forse anche condivisione, ma non hanno la forza di imporsi: proprio quella che ha avuto per più di un secolo il movimento comunista, l’idea forte di rappresentare il cambiamento.