Carcere e domiciliari per Nunzio e Marco, ma è un segnale collettivo
Dunque, le cose stanno più o meno così, le ricapitoliamo per chi non ha buona memoria o finge di vedere gli arresti di oggi legati ad un fatto recente, dei giorni scorsi. 21 maggio, Sala Rossa del Municipio VII (ex X), iniziativa istituzionale con scuole del quartiere sul ruolo della scuola nell’educazione sentimentale. Presenti la Presidente del Municipio Susi Fantino, l’assessore alle politiche educative e scolastiche Antonelli e la deputata di SEL Celeste Costantino. Sui profili Facebook di Militia Christi compare la contrarietà all’evento e l’intenzione di bloccare e contestarlo. Morale della favola, il giorno in cui si svolse il dibattito i miliziani che tentarono di bloccare il convegno furono respinti dalla platea e dai compagni che si trovavano presenti.
Cinque mesi dopo, la Digos preleva Marco e Nunzio e notifica al primo i domiciliari (capo d’imputazione resistenza) mentre spedisce Nunzio a Regina Coeli (capi d’imputazione: resistenza, lesioni e procurata evasione). Inutile dirlo, ed è un’anomalia che non può essere taciuta, che dei contestatori di Militia Christi nessuno è stato denunciato, o tanto meno trasferito in carcere.
Scriviamo di ritorno dalla conferenza stampa che alle 13, nella stessa Sala Rossa del Municipio VII che ospitò quel convegno, ha visto radunarsi oltre 200 tra compagni, sodali e giornalisti. Scriviamo ora, e lo facciamo dopo aver sentito l’intervento via telefono dell’avvocato Marco Lucentini, che ha posto l’accento su alcune questioni giurisprudenziali di primissimo piano. Valutazioni che, guardate con le lenti della quotidianità politica, ci regalano un quadro allarmante, in cui l’uso politico della magistratura sembra essere la testa di ponte di un disegno ben preciso portato avanti dall’amministrazione capitolina e più in generale dal partito di governo di questo Paese. Ma andiamo con ordine.
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Marco, compagno del CSOA Spartaco, è incensurato. Per lui l’accusa di “resistenza a pubblico ufficiale” costa i domiciliari, con una riserva particolare specificata dal Gip che ha curato il capolavoro di stamattina. In caso di eventuale condanna (e difficilmente non ci sarà, vista l’operazione messa in campo), al nostro compagno non verrà riconosciuta la possibilità di sospensione di pena condizionale. Il discorso, cioè, suona un po’ così: “Marco, potresti anche essere innocente, ma siccome da questa merda non ti fanno uscire sappi che la tua condanna sarà comunque superiore rispetto alla sospensione prevista dalla condizionale”. Un’anomalia davvero grande, pesante, che rende bene l’idea di quanto sia forte l’accanimento sui militanti del movimento antagonista. Vogliamo provare a contare, tra tutti i militanti politici romani e non, quanti sono i procedimenti o i carichi pendenti per un’accusa di “resistenza”? Vogliamo vedere quanti, in un passato anche recente, sono stati causa di domiciliari immediati, o di condanne esemplari? C’è un cambio di paradigma, (s)proporzionato alla capacità di risposta che il movimento riesce a mettere in campo. E non lo notiamo certo oggi.
L’accanimento, quello che spesso definiamo “terapeutico”, è però molto più chiaro per quanto riguarda Nunzio. Per lui, l’aggravante che lo sta costringendo dietro le sbarre di Regina Coeli è davvero (tristemente) esilarante. Nunzio, secondo il Gip, non può stare ai domiciliari perché potrebbe inquinare la formazione delle prove a suo carico; ma soprattutto, a Nunzio viene riconosciuto il reato di “notorietà” e “carisma”, in quanto viene definito come una sorta di capopopolo sentito e seguito da tutte le masse antagoniste, un sobillatore che potrebbe quindi istigare quelle stesse masse a delinquere o chissà cos’altro.
Nunzio D’Erme, da oltre 30 anni militante politico rivoluzionario, volto noto della politica nazionale, per due mandati consigliere comunale di questa città, noto alle cronache dei maggiori e maliziosi quotidiani locali, radio, tv e quant’altro. Nunzio, oggi, potrebbe abusare della sua notorietà. Chi oggi specula sulla notorietà di Nunzio (neanche fosse una star del bagaglino, confondendola con il rispetto e la stima che lo precedono a Roma come in tutta Italia) dimentica che da oltre 30 anni lui, come tanti altri, ci mette la faccia; e che questo mai è stato un alibi per salvarsi il culo, semmai un punto a suo sfavore che lo portava ad assumersi oneri e responsabilità (penali) davanti alla giustizia sommaria di questo Paese.
Nunzio oggi è in carcere, e con lui lo è l’intera città. Quella stessa città per la quale si lotta, per la quale si resiste e si riparte vicini. Quella stessa città, soprattutto, che col meno peggio di turno al Campidoglio ha già collezionato i domiciliari di Luca e Paolo, quelli di Marco, la galera per Nunzio e una pioggia a grappolo di firme, restrizioni e denunce sparate a caso nella sacca di resistenza. L’operazione di stamattina, che ricorda come la manodopera fascista sia ancora un elemento di vitale importanza per le borghesie locali e nazionali, fa il paio con il pericoloso trend che sta sconquassando la città negli ultimi tempi. L’avanzate delle destre nei quartieri di periferia, nati dalle politiche di esclusione urbanistica di una Roma-on-demand in vetrina, ha sfruttato la fratricida guerra tra poveri attraverso il mai sopito divide et impera: un conflitto di classe combattuto sulla direttrice orizzontale di sfruttati italiani e sfruttati stranieri, dimenticando la necessità di una risposta unitaria che prenda di petto l’asse (verticale) oppressi-oppressori.
Oggi a Roma si segna un passo importante, a partire dal fatto che qualcuno prima di noi ha soffiato sulle tiepidi braci di un autunno ancora sornione. La risposta che saremo in grado di produrre a partire da questa infamata ci darà una diagnosi sullo stato di salute collettivo. Copriamoci bene ed evitiamo raffreddori.