Cercando nuove rotte #3 – Intervista a Giulio Palermo
Con questa videointervista a Giulio Palermo si chiude “Cercando nuove rotte”, un piccolo ciclo di approfondimenti sulla crisi che come collettivo abbiamo messo in campo quando ormai era chiaro che la pandemia, la crisi epidemica da sars-CoV-2, si stava velocemente trasformando in una crisi economica e sociale di magnitudo perfino superiore a quella del 2008. Così come accade per gli tsunami c’è sempre uno scarto temporale fra l’evento sismico vero e proprio e l’arrivo dell’onda d’urto, un tempo prezioso di cui dovremmo approfittare per provare ad organizzarci partendo da alcune consapevolezze che potrebbero persino risultare banali, ma che è bene ribadire:
1) Socialmente e politicamente nessuno di noi è autosufficiente. Probabilmente non lo saremmo nemmeno presi tutti insieme, ma quel che è certo è che nessuna delle tante anime o aree in cui oggi è frammentata la sinistra di classe è, da sola, in grado di svolgere una qualsivoglia funzione politica progressiva in questa fase. Non si tratta della riscoperta di un ecumenismo sociale d’accatto, né tantomeno dell’ennesima riproposizione di cartelli o costituenti politiche destinate a fallire nel giro di pochi mesi, quanto piuttosto della consapevolezza della necessità di costruire un fronte unico di lotta che, per quanto eterogeneo, spinga in una sola direzione. I costi della crisi non devono essere scaricati sui salariati. Se ci ritroveremo di qui a qualche settimana a indire scioperi “generali” o manifestazioni “unitarie” l’una in concorrenza con l’altra allora avremo perso in partenza.
2) I tempi non “maturano” da soli, mai. L’equazione secondo cui ad un peggioramento della crisi economica e sociale corrisponderebbe spontaneamente una maggiore predisposizione alla lotta politica e al conflitto sociale è assolutamente infondata, e quello che è successo solo dieci anni fa sta li a dimostrarcelo. Nonostante una crisi economica devastante questo paese ha registrato il numero più basso di ore scioperate, mentre le piazze si svuotavano e la sinistra politica in tutte le sue declinazioni scompariva dai radar. Ogni “attendismo”, ogni speranza che le masse impoverite vengano a cercare la nostra “direzione” (e chissà mai perché, poi) è davvero malriposta. Il tempo della lotta è qui ed ora. Sicuramente bisognerà capire bene il “come” e, soprattutto, scegliere con cura le nostre parole d’ordine, affinché risuonino come “generali” e “generalizzabili” per larghi strati di lavoratori e non solo alle nostre orecchie politicizzate, ma aspettare ancora significherebbe autorelegarsi a un ruolo di semplici spettatori impotenti.