Cinquant’anni dopo la morte del Che
Cinquant’anni fa, a La Higuera, moriva Ernesto Guevara. Fucilato da reparti dell’esercito boliviano, appositamente addestrati e comandati dalla Cia, cadeva anche il sogno di una guerriglia comunista che, partendo dalla Bolivia, si sarebbe poi dovuta estendere al grosso del continente latino americano. Mezzo secolo dopo, il Che e la storia della rivoluzione a Cuba e in America latina, continuano a parlare al presente. Su tutto, sono capaci di restituire all’orizzonte comunista una dimensione epica, spesso tralasciata. Non ci servono eroi, ma la consapevolezza che si può lottare sempre, qualunque sia la disparità di forze in campo, contro chi fa della miseria, dello sfruttamento, dell’oppressione la propria ragione di essere nel mondo. Se si ha la capacità di avere un popolo alle proprie spalle, se si mettono in campo lucidità politica, analisi scientifica della realtà e coraggio che hanno avuto personaggi come Che Guevara, si può anche vincere. In un mondo che si vorrebbe pacificato alla barbarie capitalista, e anche in un’America latina dove le esperienze socialiste sono sotto attacco, questo non è poco. Con i compagni del Corto Circuito ricorderemo il Che per le strade di Cinecittà e del Lamaro con questo manifesto, qui lo facciamo aggiungendo le parole finali della sua autobiografia scritta da Paco Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza: “Dalle migliaia di foto, poster, magliette, nastri, dischi, video, cartoline, ritratti, riviste, libri, itinerari turistici, cd, frasi, testimonianze, tutti i fantasmi della società industriale che non sa custodire i suoi miti nella sobrietà della memoria, il Che ci guarda attento. Ritorna al di là di tutte le cianfrusaglie in un’epoca di naufragi, è il nostro santo laico. Più di quarant’anni dopo la sua morte, la sua immagine attraversa le generazioni, il suo mito passa di corsa in mezzo ai deliri di grandezza del neoliberismo. Irriverente, beffardo, ostinato, moralmente ostinato, indimenticabile”. Hasta Siempre, Comandante!