Consigli (o sconsigli) per gli acquisti: London Underground, China Girl, di Don Winslow
Alle origini del fenomeno Winslow ci sono le “indagini di Neal Carey”, che Einaudi Stile Libero ci presenta sotto forma di due corposi libri scritti nientemeno che nel 1991 e nel ’92. Racchiudono, questi due romanzi, le forme embrionali della narrativa dello scrittore statunitense, a cui seguiranno in futuro altri tre titoli inediti in italiano. Oltretutto, per espressa ammissione dell’autore, le indagini raccontate attingono dalla sua esperienza diretta come investigatore privato. Ci sono dunque tutti gli elementi per comprendere la genesi di uno dei più importanti scrittori contemporanei, autore di uno dei libri più notevoli di questo ventennio, Il potere del cane.
I due libri viaggiano in coppia, per tale ragione dunque li recensiamo congiuntamente. Sono due capitoli di una stessa storia: la formazione e l’attività di investigatore privato sui generis del giovane Neal Carey, uno sbandato ragazzino newyorkese, orfano di padre e con la madre tossica, che viene salvato dalle durezze della strada da Joe Graham, membro di una misteriosa agenzia investigativa privata (al servizio di una banca) del New England. Molta acqua sotto i ponti dev’essere passata per Don Winslow da questi due romanzi d’esordio. Nonostante la grande capacità narrativa che si intravede soprattutto in London Underground, i due libri costituiscono un triplo salto carpiato all’indietro rispetto alle vette del Winslow degli anni Duemila. I due romanzi sono infatti un concentrato di espedienti narrativi tipici di certa letteratura di serie b. Non è tanto la godibilità della lettura il problema, quanto l’artificiosità manieristica della costruzione narrativa, dei temi trattati, delle scene descritte e dei riferimenti sociali e politici che prendono forma nei due romanzi, a farne opere di letteratura inferiore. Anzitutto, il protagonista. Neal Carey è il concentrato di tutti i peggiori stereotipi letterari possibili: un ragazzo di strada sbandato e povero, ma intelligente (più intelligente della media, ovviamente) e pronto a cogliere l’occasione, che prontamente si manifesta attraverso le sembianze del burbero “buon padre di famiglia” (Joe Graham) che, dopo essersi fatto derubare del portafoglio lo prende sotto la propria ala protettiva affiliandolo ad una società segreta(!). Il tutto ovviamente passando attraverso il classico periodo di formazione all’americana, sullo stile di Full Metal Jacket, per capirci, che trasformerà l’inesperto moccioso in novello James Bond. Ovviamente il ragazzino passa tutte le prove, altrettanto ovviamente sorprendendo il vecchio Graham. I finanziatori di questa impresa non potevano che essere ricchi (ricchissimi) banchieri illuminati, tanto più illuminati per aver salvato un povero sotto-proletario newyorkese dal suo tragico destino di povertà e marginalità. C’è sempre una possibilità nella vita, per chi sa coglierla: questa la morale, molto american dream, del libro.
Nella sua prima indagine il ragazzino, che nel frattempo studia nelle più importanti università del paese e viene mandato in giro per il mondo a salvare gli interessi dei facoltosi clienti della banca, viene spedito a Londra per recuperare la figlia di un importante senatore Usa con mire nientemeno che alla presidenza. A Londra si immerge nella scena punk cittadina, raccontata ovviamente secondo i più triti cliché mainstream: i punk sono tutti drogati – di eroina ovviamente – di cui detengono le redini dello spaccio nazionale; rubano a più non posso, senza alcuna misericordia sociale; hanno il proprio giro di prostituzione – come poteva mancare – e sono ubriachi dalla mattina alla sera, e questa forse è l’unica aderenza alla realtà. Scarti umani travestiti da sottocultura. La ragazza è scappata, ovviamente, perché aveva problemi familiari: infatti si viene a scoprire che il padre, cioè il senatore, la violentava: per tale ragione si trasforma in ninfomane incallita ed eroinomane scalmanata: la sagra del cliché. Ovviamente – ovviamente – la ragazza è bellissima, e il giovane protagonista se ne innamora (..), prontamente contraccambiato (…), non prima di numerose incomprensioni dovute alla reale natura del loro incontro (e figuriamoci).
Il fondo però viene raggiunto nel secondo romanzo, China Girl, dove il protagonista si reca addirittura in Cina per riportare in patria uno scienziato sedotto dalle sirene comuniste. Se il disvelamento degli intrecci politico-economici di fondo della società statunitense è il punto forte del Winslow degli anni Duemila, qui la divagazione politica diviene al contrario insopportabile sommatoria di stereotipi liberali da far impallidire un Sallusti qualsiasi. L’autore si serve quasi di metà del racconto (200 su 466 pagine, più o meno) per portare avanti una sequela ininterrotta di insulti, falsità, riflessioni oniriche, pregiudizi politici e paradossali ricostruzioni artefatte della Cina comunista, e contro il suo presidente Mao Tse Tung. Il professore, e per sineddoche qualsiasi altra persona sana di mente, non può scegliere volontariamente la “prigione a cielo aperto” cinese, distopia contrapposta inevitabilmente al regno delle libertà americano. Una serie di sociologiche ricostruzioni della società cinese servono a narrare una popolazione soggiogata dal comunismo, che vorrebbe solamente vivere in pace coltivando il riso(!!!), impossibilitata a farlo dalla follia del presidente Mao che al contrario cercherebbe in tutti i modi di provocare carestie per forgiare il nuovo uomo comunista.
Che Winslow non fosse “di sinistra”, era chiaro. Il suo cinismo politico lo ha portato nel tempo però alla completa disillusione rispetto alle retoriche liberali americane, perfettamente disvelate nei suoi romanzi migliori. Tra guardie (Usa) e ladri (narcotrafficanti, terroristi, ecc) c’è una sostanziale equivalenza perché i secondi sono il prodotto delle scelte politiche dei primi: questo il messaggio di fondo presente ne Il Potere del Cane o ne Il Cartello. Qui invece, e in questo sta forse la natura embrionale e acerba della riflessione “winslowiana”, il cinismo è ancora di là da venire, e l’approvazione dell’american way of life è tutto sommato convinta. C’è uno scetticismo fisiologico, ma che di fronte al nemico (il comunismo cinese, ma anche la marginalità sociale della scena punk londinese) passa in secondo piano ristabilendo la propria scala di valori liberali alla quale non riesce a transigere.
Nonostante la godibilità della lettura, caratteristica questa evidentemente innata dello scrittore, siamo in presenza di due opere minori e davvero poco interessanti. Come fossimo in un libro di Dan Brown, ci si può appassionare fuggevolmente, ben sapendo che la vita reale è un’altra cosa, dove non ci sono eroi ma solo rapporti di forza. Quegli stessi messi in luce ne Il potere del cane, ma ancora nascosti dietro fuochi artificiali deformanti in questi pessimi esordi.