Cronaca di una morte annunciata
Ero su una collina, e di là vidi avvicinarsi il vecchio, ma veniva come se fosse il nuovo
B. Brecht
E così, dopo otto mesi di finte manifestazioni e sette di ben più concreti bombardamenti a tappeto su tutto il suolo libico, oggi sono entrati da trionfatori i nuovi governatori libici, Sarkozy e Cameron. Tutto come da copione, insomma.
Per prima cosa, l’individuazione del male assoluto contro il quale schierarsi in nome della libertà e della democrazia, al di là delle differenze politiche. Questo è stato abbastanza agevole trovarlo, c’era già, non hanno neanche dovuto spendere soldi e intelligence per addestrarlo e metterlo al potere; anche se, da quasi un ventennio, andava a braccetto con tutti i governi occidentali che in questi mesi si sono prodigati in bombardamenti.
Seconda operazione, fomentare e finanziare una banda di tribù rivali a quelle del mostro, ripulirle e fargli assumere il ruolo di giovani democratici in lotta contro la tirannia. Anche questo lo hanno trovato più o meno già sul campo. Lo scontro fra tribù era una costante del territorio libico, e trovarne qualcuna disposta a farsi manovrare in cambio di lauti guadagni post regime non è stato certo difficile.
Terzo, assumere l’inevitabilità di un intervento militare per impedire crimini contro l’umanità verso i cittadini di quel paese. Anche questa, una manovra già rodata in decine di interventi in decenni di storia, quindi assolutamente riproducibile.
Quello che stupisce, in fin dei conti, è il tempo che ci è voluto per togliere di mezzo il cancro. In sette mesi di bombardamenti su Tripoli, e ovunque si pensasse alloggiasse il diavolo, dopo aver ucciso non si sa più quanti suoi figli, membri del governo, raso al suolo città, strade, infrastrutture, ebbene dopo sette mesi quelle tribù non facevano un passo in avanti dal proprio territorio d’appartenenza. Di qua la Tripolitania, di là la Cirenaica, senza che la “protesta” si diffondesse, si ampliasse, guadagnasse consensi. Neanche nei confronti di chi, stremato dalla guerra, avrebbe ceduto ogni pezzetto di dignità pur di ritrovare una qualsiasi parvenza di pace.
I soli vincitori di oggi sono quelle potenze occidentali che hanno fomentato la guerra e oggi ne traggono i profitti. Sono la Francia e l’Inghilterra, in special modo, senza tralasciare gli Stati Uniti, che da domani godranno di un territorio raso al suolo e uno stato da rifondare secondo le logiche del libero mercato. Quante volte lo abbiamo visto nel corso di questi due secoli di imperialismo?
Il vecchio vestito di nuovo, e cioè l’imperialismo occidentale che arriva agghindato da democrazia che trionfa, ormai non dovrebbe veramente più trovarci impreparati. Eppure anche questa volta una parte di quella che dovrebbe costituire la sinistra “radicale” ci è cascata con tutte le scarpe. Ancora una volta, non si è riuscito a far tesoro delle numerose esperienze che la storia, anche recente, ci ha lasciato. Nessuna manifestazione degna di nota contro questa guerra, e anzi un sordido appoggio alle presunte forze di liberazione della Libia che non erano nient’altro che il presunto “nuovo”, appunto, dietro il quale si celava il solito, vecchissimo, profitto occidentale.
Ieri la Libia era un paese governato da un despota, che sicuramente avrà avuto numerosi morti da nascondere sotto il cuscino, ma mai quanti ne hanno i due signori che sono entrati ieri trionfanti a Bengasi. Un Libia sicuramente non democratica ma Indipendente, che costituiva un problema per i governi occidentali desiderosi di poter sfruttare quel territorio pieno di risorse che non potevano gestire direttamente. Un paese che contribuiva a rendere il mondo multipolare, policentrico, non allineato, che costituiva una spina nel fianco, e sebbene non fosse la nostra spina nel loro fianco, era però almeno una questione in più che impediva il via libera neoliberista.
Oggi la Libia è un protettorato occidentale, controllato di fatto dalle aziende europee e non più indipendente né politicamente né economicamente. Un paese allineato al Washington consensus, un territorio da depredare, e dove avverranno i soliti esperimenti neoliberisti dei Chicago boys.
Sta a voi giudicare cosa sarebbe stato meglio, in queste condizioni. Il fatto è che tutto questo è già passato, fa già parte della storia. Il futuro è dietro l’angolo. Forse la Siria, oppure il Venezuela, chi lo sa. Quello che sappiamo benissimo, invece, è che le cose andranno esattamente come sono andate in questi mesi in Libia, che sono stati i medesimi meccanismi messi in campo per l’invasione dell’Iraq o dell’Afghanistan, o più addietro per la Jugoslavia, per non dire di tutto ciò che accadeva quando il male assoluto, piuttosto che un qualche inutile despota elevato al rango di nuovo Hitler, era costituito dal comunismo. Oggi il comunismo non c’è più, ma qualche dittatore spendibile per la prossima invasione si fa sempre in tempo a trovarlo, o a fabbricarlo.