Cronaca di una morte annunciata
Oggi è morto un operaio a scienze politiche. Sembra un paradosso, un operaio nell’università, e invece è la normalità. In questo caso, poi, questa “normalità” andava avanti da quasi venti anni. Da tanto, infatti, durano quei maledetti lavori sopra il tetto di scienze politiche. Lavori che da subito avevano destato più di un sospetto sulla sicurezza dei lavoratori e della struttura stessa che si andava edificando. Tanto che, qualche anno fa, per evidenti cedimenti strutturali, il cantiere sopra la facoltà era stato deciso di smantellarlo. E invece poi sono andati avanti. Non sappiamo se ulteriori verifiche abbiano accertato l’eventuale stabilità della struttura e della sicurezza. Ma ci ricordiamo bene le battaglie che i collettivi della facoltà fecero su quel cantiere. Sulle crepe nell’aula magna posta sotto il cantiere stesso. Sull’inutilità di un’opera pubblica ferma da anni. Sull’evidente insicurezza che si respirava anche solo guardando quell’insieme informe di ponteggi e telai d’acciaio che poco a poco cercavano di costruire un altro piano sopra la facoltà.
Non sappiamo, almeno noi, dell’effettiva sicurezza di quel cantiere. Ma oggi una persona è morta lavorando la sopra. E’ morta in un cantiere pubblico, che dovrebbe rispondere in pieno ad ogni norma sulla sicurezza sul lavoro. Così non è stato, e mai come oggi ci sentiamo, anche noi, che per anni abbiamo fatto parte di quella facoltà e dei suoi collettivi, come Cassandre inascoltate. E’ triste, in questa occasione, dire che l’avevamo detto. Ma oggi è così, e individuare le responsabilità sarà un compito che ci dovremmo assumere tutti quanti.