Da Putin a Facebook, il populismo spiegato attraverso l’ideologia fake news
Per due anni ci hanno spiegato che la Brexit, così come la vittoria elettorale di Trump o il No al referendum italiano, erano il frutto di una sapiente operazione di propaganda mediatica manovrata dal Cremlino. Più in generale, qualsiasi fenomeno politico non allineato con l’european consensus era sicuramente il frutto di manipolazioni psicologiche di massa, chiaramente organizzate da Putin, volte a destabilizzare l’ordine globale attraverso messaggi pubblicitari su Facebook. Oggi scopriamo invece che la valanga populista sarebbe stata attivata attraverso la cessione di big data da parte di Facebook a società terze, in particolare tale Cambridge Analytica, che a sua volta avrebbe usato tali profilazioni di massa di utenti Facebook per sviluppare campagne politico-pubblicitarie settoriali. Il pericolo, insomma, non veniva da est, ma dall’estremo Occidente. Anche messa così, però, trattasi di supercazzola con scappellamento a destra. Parente stretta dell’ideologia fake news – la favola cioè che qualsiasi comportamento politico difforme ai dettami ordoliberali sia frutto dell’ignoranza degli elettori – anche questa nuova e sopraffina evoluzione rimanda alla stessa matrice ideologica: ciò che non è liberista è irrazionale. Il clamore suscitato dalla notizia è solo apparentemente legato alla “realtà” dei fatti: ogni nostra azione, online o meno, avviene attraverso il nostro esplicito consenso al trattamento dei nostri dati personali. Stupirsi che poi i nostri dati vengano effettivamente trattati smaschera solo la nostra ignoranza, non la nostra sensibilità alla privacy. Questo i media mainstream lo sanno bene, e allora la spiegazione di tale clamore accordato su tutti i giornali dev’essere spiegato altrimenti, e in particolare con la motivazione accennata poco sopra. Gli smottamenti elettorali di questi anni non deriverebbero da cause razionali (la sperequazione dei redditi, il progressivo impoverimento, la crisi economica, l’assenza di alternative politiche, la precarietà lavorativa, la disoccupazione di massa e il working poor, eccetera), ma da cause irrazionali fomentate da complotti politici. Trump vince perché Putin manovra i dati Facebook attraverso tetre società di manipolazione massmediatica dirette da centrali internazionali della reazione; oppure il M5S è il primo partito perché la massa elettorale, obnubilata da catene di fake news anti-governative, è incapace di distinguere il vero dal falso e i suoi interessi dai sogni irrealizzabili promessi in campagna elettorale. O qualcosa di simile.
Nella realtà, quella delle fake news è la vera e propria ideologia del XXI secolo, variamente articolata. Il sistema ordo-liberale esprime sicuramente una sua «razionalità», come ci ricordano Dardot e Laval, ma non «l’unica» razionalità possibile, come invece ci raccontano i corifei del politicamente accettabile. Le alternative alla stabilità liberista sono presentate o come peggiori (Putin, la Cina, la Corea del Nord, i marziani), o irrazionali (il populismo, il socialismo, eccetera). Eppure questo straordinario impegno nel presentare come illusorie e nefaste le diverse alternative (non per forza “vere” alternative, si capisce) non impedisce milioni di esseri umani di preferirle allo status quo. Questo rimane l’indicibile delle classi dominanti, l’inesplicabile spiegato attraverso una perversa distruzione della ragione che avverrebbe per mezzo social. Che rimangono uno strumento di consenso, non di dissenso, e quindi di governo, e non di opposizione.