Dalle stelle alla stallo… al governo “neutrale”?
E’ da un po’ di tempo che non partecipiamo più al circo elettorale e con ogni probabilità non torneremo a farlo nemmeno se, come al momento sembrerebbe plausibile, nei prossimi mesi si dovessero riaprire le urne. Eppure ci pare di poter dire che di fronte all’ipotesi di un governo “neutrale” paventata ieri da Mattarella siano molto meglio le elezioni, poichè di “neutrale” in politica non esiste nulla, ogni voto per qualcuno è, al tempo stesso, un voto contro qualcun altro. E a scorrere i nomi dei ministri “papabili” usciti sui giornali in queste ore è evidente che quel “qualcun altro” contro cui si formerebbe il governo tecnico del Presidente siano, al solito, i subalterni e le classi popolari di questo Paese. Per disinnescare le clausole di salvaguardia imposte dalla Ue sarà infatti necessario reperire nei prossimi mesi 12,4 miliardi di euro, cifra a cui vanno sommati 3 miliardi di spese indifferibili e i più che probabili 3,5-5 miliardi di correttivi che verrano richiesti da Bruxelles a fronte della legge di Bilancio che, sempre questo governo “neutrale”, sarebbe chiamato a licenziare in autunno. Insomma, una mannaia da 20 miliardi di euro pronta ad abbattersi sui soliti noti. Sappiamo bene che con ogni probabilità la fotografia che uscirebbe da queste nuove elezioni non sarebbe dissimile da quella del 4 marzo. Cambierebbero forse i rapporti di forza interni al centrodestra, ma la tripartizione del quadro politico rimarrebbe sostanzialemente immutata, soprattutto se si andasse al voto con la stessa legge elettorale che era stata votata in funzione della grossa coalizione PD-Forza Italia senza tener conto dell’ascesa dei populismi. Ma una cosa dovrebbe essere chiara: per chi prova a ricostruire un insediamento sociale e politico autonomo, sempre meglio l’ingovernabilità e l’instabilità del quadro politico, piuttosto che la normalizzazione europeista.