double face
Com’è noto il tempo è un galantuomo e, anche se col senno di poi, arriva sempre a distribuire ragioni e torti. A volte impiega anni, altre volte, come in questo caso, bastano poche settimane. Nemmeno un mese fa nel paese si era sollevato un coro bipartisan contro la decisione del presidente Lula di non concedere l’estradizione di Cesare Battisti. Esponenti di entrambe i poli berciavano scandalizzati contro quell’ignorante di un ex operaio brasiliano che insieme al suo ministro per la giustizia aveva osato mettere in discussione l’operato del nostro sistema giudiziario. E chi se ne frega di alcune “sciocchezzuole” come la legislazione emergenziale, l’uso smodato del pentitismo e le condanne in contumacia. Ma come, non vi fidate di noi? Proprio di noi che siamo la patria del diritto? Ministri, sottosegretari e politicanti vari si domandavano attoniti come fosse possibile anche solo dubitare dell’imparzialità dei nostri tribunali e della giustezza della pena comminata a Battisti. Questo a gennaio. A febbraio però, neanchè qualche settimana dopo, quegli stessi ministri, quegli stessi sottosegretari e quegli stessi politicanti si sono messi a manifestare e ad inveire contro la casta dei giudici che, a loro dire, starebbe ordendo un golpe giudiziario contro Berlusconi. Nulla di nuovo sotto al sole, il disfacimento di quella cosa putrida che qui in Italia ci ostiniamo a chiamare democrazia prosegue da anni. Il caso ha voluto, però, che ieri a Milano, in prima fila ad urlare contro il complotto. ci fosse Alberto Torreggiani, l’uomo che della campagna contro Battisti è diventato il testimonial per eccellenza. Sempre il caso, però, ha voluto anche che fra i magistrati messi sotto accusa dalla piazza pidiellina ci fosse pure tale Pietro Forno, uno dei magistrati che condusse le indagini contro i PAC. Che dire, un bel esempio di giustizialismo e garantismo a targhe alterne….