È solo l’inizio.
Ieri, nel tardo pomeriggio, si è svolta la prima iniziativa cittadina della Carovana delle Periferie e della Rete dei comitati pendolari per la difesa del trasporto pubblico, in uno dei luoghi simbolo dei disservizi e del vero degrado in cui versa la città di Roma: il capolinea della Roma-Lido, a Piramide. Una linea che ogni giorno dovrebbe trasportare centinaia migliaia di persone dall’estrema periferia sud ovest di Roma verso il centro. Usiamo il condizionale perché, come è tristemente noto, stiamo parlando della linea della cosiddetta «odissea quotidiana».
Nei mesi scorsi si sono verificati molti incidenti e anche aggressioni contro i macchinisti da parte di pendolari che, presi dall’esasperazione, in alcuni casi, hanno erroneamente rivolto la loro comprensibile rabbia contro il macchinista, scambiando così un’altra delle vittime della situazione in corso per il carnefice.
Ieri abbiamo affermato con forza che i disservizi e gli incidenti di questi mesi hanno una regia politica e amministrativa molto chiara. Le precedenti giunte comunali, compresa quella “progressista” di Marino, le giunte regionali, le dirigenze dell’Atac e, in ultima istanza, il governo, con la draconiana applicazione del Patto di stabilità e del pareggio di bilancio alle amministrazioni locali, sono gli artefici di un disegno che vuole la fine del servizio di trasporto pubblico: tutto deve essere privatizzato e dato in pasto ai gruppi finanziari privati, che ne trarranno profitti.
Risalendo la catena di comando si arriva poi fino alla sempre presente e tentacolare commissione europea, che sovraintende anche ai bilanci e alle direttive degli enti locali. Infatti è proprio di qualche giorno fa un’intervista apparsa sulla «Repubblica» in cui l’esponente del comitato esecutivo della BCE, il francese Benot Coeur, affermava che Roma doveva tagliare il debito. Insomma, risalendo questa catena di comando si arriva ai manovratori, palesi e occulti, delle scelte imposte alle varie giunte di manichini che formalmente governano le nostre città.
Lo smantellamento del servizio pubblico non è solo un fatto di peggioramento del servizio per i cittadini e di imbarbarimento delle condizioni di vita e di lavoro per i dipendenti pubblici, ma principalmente un problema di democrazia e di sovranità popolare.
Non possiamo permettere questo scivolamento, sempre più palpabile, verso il deterioramento del tessuto civile della città, dobbiamo reagire a questo stato di cose che ci vogliono far passare come ineluttabile, come un destino inevitabile perché necessario a rimettere le cose a posto.
È necessario costruire un argine all’ordine liberista che vige in questa città come in tutto il paese.
La campagna per la difesa dei trasporti pubblici è un primo tassello di questo percorso, ma per incidere serve un allargamento del fronte sociale: nessuno si può più sottrare a questa responsabilità, se non vuole essere complice, anche inconsapevole, della regia autoritaria che ormai è fatto concreto, materiale, formalizzato anche attraverso la gestione commissariale della politica.
Dobbiamo andare avanti, ma non in ordine sparso.