E voi di Sel da che parte state?
Se c’è un aspetto interessante dei dibattiti parlamentari è che durante essi diventa evidente – auto-evidente, ci verrebbe da dire – la sostanziale unanimità e concordia tra tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Al di là di quanto possano dire nei salotti televisivi, sui manifesti elettorali o negli spot radiofonici, infatti, è in parlamento –nel «comitato di affari della borghesia» – che i diversi partiti manifestano l’orizzonte comune della loro prospettiva politica. Oggi a distinguersi per la particolare idiozia del suo discorso è stato Massimo Cervellini, senatore e responsabile romano di Sel. Insomma, non il primo militante vendoliano passato per strada.
Siamo sinceri: non seguiamo assiduamente i dibattiti parlamentari e le parole riportate nella seduta odierna del Senato ci sono state segnalate da altri compagni. Li ringraziamo, perché ci hanno permesso di prendere atto dell’ennesima nefandezza di Sel.
Questa mattina in Senato si discuteva sull’informativa del ministro degli Interni sulla sparatoria di domenica scorsa a Palazzo Chigi. Iscrittosi a parlare, il senatore di Sel Cervellini ha pensato bene di dirci la sua – non si sa bene per quale motivo, visto che l’argomento era un altro – sugli anni ’70 (che ovviamente definisce «anni di piombo», dimostrando di non aver capito neanche lui, come il 99% degli italiani, in senso del titolo del film di Margaret von Trotta) e – udite, udite – sul 15 ottobre:
Il dissenso, l’opposizione, è l’altro pilastro fondamentale della democrazia, e la storia italiana dimostra, anche recentemente, che è spesso l’elemento fondamentale per vincere le forze criminali e violente che con ideologie differenti hanno sempre rappresentato le armi più efficaci per fermare i movimenti, le istanze di cambiamento e di progresso. Non solo negli anni di piombo: fu così anche il 15 ottobre 2011, dove i selvaggi attacchi dei black bloc oltre a distruggere pezzi della nostra città si scagliarono contro le forze dell’ordine e verso militanti del Movimento, decretandone la fine.
«Forze criminali e violente»: così Cervellini descrive i compagni e le compagne, i ragazzi e le ragazze, che il 15 ottobre hanno deciso di lottare e resistere in piazza San Giovanni. Compagni e compagne, ragazzi e ragazze che rischiano, e che in molti casi sono già stati condannati, ad anni e anni di carcere. Criminali e violenti che avrebbero distrutto la città (Cervellini è un buon pappagallino delle dichiarazioni di Alemanno), che addirittura si sarebbero scagliati contro il movimento, che vengono criminalizzati inserendoli in un discorso che riguarda altro (un uomo che ha sparato ad alcuni carabinieri). Cervellini ripete la solita solfa – solita, ma non per questo meno grave – della differenza tra manifestanti buoni (il Movimento) e manifestanti cattivi (i presunti black bloc): non riesce ad ammettere, Cervellini, che ad agire in piazza San Giovanni fu proprio il movimento (o quanto meno la sua parte – maggioritaria – in grado di capire e intercettare gli umori della piazza e pronta a difendersi e a resistere al di là di ogni calcolo di opportunismo politico). Un movimento, del resto, di cui né Sel né i suoi militanti fanno parte. E, a ben vedere, a scagliarsi contro i militanti del Movimento furono proprio i militanti di Sel con spilletta sul bavero che – in molte occasioni – hanno ben deciso di malmenare compagni e compagne solo perché per il loro cervello limitato “vestito di nero = black bloc violento e criminale”, oppure di consegnare i suddetti compagni e le suddette compagne alle forze dell’ordine.
È positiva questa dichiarazione di Cervellini: mette in luce da che parte stanno Sel e i suoi. Sono finiti i tempi in cui Vendola, nella disperata (e fortunatamente quasi completamente infruttuosa) ricerca di voti tra i compagni, strumentalizzava l’omicidio di Carlo Giuliani definendolo l’eroe ragazzino.
Nella parte successiva del suo intervento, Cervellini spiega poi cosa sia Sel: e visto la posizione autorevole del senatore, ci sembra un parere piuttosto attendibile. Dice Cervellini:
E quindi, a fronte di tanto liberismo dilagante, che ritengo assolutamente dannoso, riscopriamo invece un comune sentire liberale fondato sulla scelta della non violenza che, come Sinistra Ecologia e Libertà, abbiamo come elemento di fondo nel nostro DNA.
«Un comune sentire liberale». Quindi, alla faccia dei vecchi manifesti elettorali di Sel con scritto «Benvenuta sinistra», Cervellini ci dice chiaramente che Sel non è altro che un partito liberale: neanche socialdemocratico, neanche labourista, no, proprio liberale. Viva la sincerità!
Del resto, queste posizioni ci erano chiare da quando Vendola (ma anche ben da prima) ha auspicato per Cuba una “rivoluzione” colorata che comportasse un’«evoluzione verso la democrazia e la libertà». Lo stesso Vendola che descrive Israele come «un Paese che ha trasformato aree desertiche in luoghi produttivi e in giardini».
Non ci stupiscono certo queste parole di Cervellini. Ci stupisce, semmai, che militanti, rappresentanti, sostenitori ed elettori di Sel non siano stati ancora presi a calci in culo da quanti si possono ancora definire compagni. Perché ognuno sceglie da che parte stare: e se uno sta con Cervellini (che non è un’individualità, ma un autorevole referente del suo partito, di cui manifesta le idee) non può stare anche con quanti pensano che non esistono black bloc, che il 15 ottobre 2011 la piazza sia esondata e si sia difesa. Con quanti pensano che non esistono buoni e cattivi. Con quanti pensano che ai compagni indagati e condannati per quella giornata vada restituita al più presto la libertà. Con quanti sono con essi complici e solidali. Se uno sta con Cervellini, in un partito che la pensa come lui, è complice e responsabile della repressione che colpisce decine di compagni e compagne perché dà il suo contributo a rafforzarne la criminalizzazione. E voi, dunque, da che parte state?