Emilio Quadrelli: Grecia e Francia, nuove e…lezioni primaverili.
Questo fine settimana ci ha regalato due importanti passaggi elettorali in Francia e soprattutto in Grecia. Ormai ognuno di questi appuntamenti deve essere letto come un momento della politica interna europea per cui ci ripromettiamo di tornarci a breve con una nostra riflessione, nel frattempo così come già accaduto un mese fa (leggi) riceviamo e pubblichiamo più che volentieri un contributo al dibattito.
La lezione greca: o preparazione rivoluzionaria, o preparazione elettorale
In molti, già stasera, si strapperanno i capelli chiedendosi come sia stato possibile che, in Grecia, al termine di un ciclo di lotte durissime, di un numero infinito di scioperi generali e via dicendo, tutto sia tornato come prima. La destra vince le elezioni e si appresta a varare, in coabitazione con i socialisti, un governo solido del tutto prono ai diktat dei poteri finanziari transnazionali. La “grande speranza” di sinistra se ne torna a casa con le pive nel sacco, i nazisti incassano un discreto successo lasciando ampiamente distanziati i comunisti, intanto, il 40% dei greci si è astenuto. Da stasera, sicuramente, la Grecia potrà dirsi stabilizzata poiché, è assai probabile, che quella forza e quell’entusiasmo che aveva portato milioni di operai e proletari a lottare si sia bellamente esaurita. Non vi è nulla di cui meravigliarsi poiché, per lo meno da Clausewitz in poi, è noto come la forza morale che anima gli eserciti nell’avanzata sia destinata a esaurirsi e a ripiegare entro un determinato lasso di tempo.. La vittoria, pertanto, va colta nel momento di massima tensione morale delle truppe. Tergiversare, come tutte le vicende belliche sono lì a ricordare, significa andare incontro a una sconfitta poiché, una volta perso l’entusiasmo proprio del momento offensivo, le truppe inevitabilmente iniziano prima a ripiegare se non a entrare direttamente in rotta. Difficile, dopo l’esito di queste elezioni, pensare di indire altri scioperi generali e trascinare le masse alla lotta anche perché, e la cosa appare più che sensata, queste si domanderebbero immediatamente a qual fine. Domanda non retorica ma gravida di buon senso. Perché continuare a lottare? Ed è esattamente qua che tutti i nodi irrisolti delle formazioni di sinistra vengono al pettine.
In questi anni, a partire dalla rivolta di piazza che ha fatto cadere il vecchio Governo di centro destra, abbiamo assistito a straordinarie mobilitazioni di massa tali che, a ragion veduta, l’ipotesi per cui in Grecia si sarebbe spezzata una maglia della catena imperialista andava ben al di là delle cerchie degli eterni acchiappa nuvole. Che in Grecia la questione del potere politico fosse diventata la questione da affrontare e risolvere velocemente sembrava un banale dato di fatto. Le condizioni oggettive vi erano tutte: le classi sociali subalterne mostravano di non essere più disposte a essere governate da quelle classi dominanti mentre queste ultime apparivano nell’impossibilità di continuare a farlo. Ma, ovviamente, perché tale condizione oggettiva, ossia tale possibilità, trovi uno sbocco storico concreto occorre che una forza soggettiva si assuma l’onere di “dare una spinta alla storia”. Una forza soggettiva deve indicare la via di uscita e deve farlo esattamene qui e ora. Perché ciò sia possibile occorre che la preparazione rivoluzionaria occupi per intero la sua linea di condotta. È difficile, però, piegarsi a tale compito storico quando il cretinismo parlamentare rappresenta il “pensiero strategico” di una o più organizzazioni. Ed è stata esattamente l’opzione parlamentare l’unica coltivata dalle forze di sinistra le quali hanno continuato a pensare al gioco parlamentare come unico scenario possibile ignorando che, aspetto non proprio trascurabile, quel gioco è il terreno proprio del potere imperialista dove, non solo è in grado di fare il bello e il cattivo tempo ma, anche nell’improbabile caso che le cose andassero contro le sue necessità, di quella forma stato detiene pur sempre le leve essenziali ed è in grado, in qualunque momento, di rimettere le cose sui binari a lui maggiormente congeniali. Cosa pensava la sinistra che, in caso di successo, la borghesia imperialista si sarebbe tranquillamente tolta da torno dicendo: Prego, rompete con la BCE, non pagate il debito, espropriateci, pubblicizzate le banche, socializzate la produzione, armate gli operai, noi accettiamo di buon grado il risultato delle urne? (Allende dovrebbe pur sempre aver insegnato qualcosa!). Uno scenario che, in ogni caso, non si è presentato.
Tanto per cambiare, dalle urne, la sinistra variamente declinata esce con le ossa rotte il che, di per sé non sarebbe neppure un male se dietro a quella sconfitta non vi fosse anche qualcosa di ben più grave e consistente: la perdita di ogni autorevolezza politica e morale nei confronti di quelle masse che in questi anni hanno lottato con tenacia ed eroismo. Mentre la BCE canta vittoria e i suoi programmi strangoleranno sempre più il proletariato greco che cosa potranno fare le organizzazioni della sinistra? Forse aspettare quattro o cinque anni per tentare una rivincita parlamentare? Probabilmente non potrà che essere così e, con ciò, la caduta nel grottesco non avrà più limiti. Con ogni probabilità a beneficiare di tale situazione sarà il movimento anarchico, che potrà presentarsi come unico movimento rivoluzionario. Un risultato veramente eccelso, non c’è che dire, per i cultori del cretinismo parlamentare e per le sue vestali. Mentre una quota del proletariato, forse la più combattiva e irriducibile, andrà a infoltire le schiere anarchiche e a rompere vetrine e incendiare cassonetti in giro per le città andando incontro a una repressione inversamente proporzionale alle ricadute di tali atti, gran parte delle masse ripiegherà su se stessa guardando con odio, rancore e risentimento tutto e tutti. Non è escluso che i nazisti vedranno accrescere la loro “area di influenza” veicolando verso gli stranieri tutte quelle tensioni che, una sinistra imbelle, non ha saputo dirigere contro il potere imperialista. Ma non solo. Non è escluso che, proprio a partire da ciò, i nazisti, che tra l’altro godono di una non secondaria “simpatia” tra le forze di polizia e l’esercito, acquistino un peso rilevante nella vita politica greca e, in virtù di ciò, si vedano affidato l’onere di liquidare manu militare la riorganizzazione di un movimento operaio e proletario. Non c’è che dire, i servigi che il cretinismo parlamentare è in grado di fornire alla controrivoluzione, non finiscono mai di stupire. Infine ancora una cosa. Mentre in Grecia si consumava questo drammatico evento in Francia si andava al secondo turno elettorale. Anche in questo caso il fronte dell’astensionismo si è attestato intorno al 40% mentre del tanto osannato Front de la Gauche se ne sono perse le tracce. Persino i nazisti francesi riescono a entrare in parlamento mentre della sinistra, nonostante tutte le sue fatiche, non vi è sentore. Tutto ciò, se non fosse tragico, avrebbe molto di comico. Purtroppo a pagarne le conseguenze saranno milioni e milioni di proletari, non solo greci, ai quali, da domani, tutti si sentiranno in diritto di dire: zitto e mosca. Alle avanguardie comuniste, invece, questa drammatica vicenda dovrebbe essere un ulteriore monito per capire che, in determinate circostanze storiche, come ricorda Lenin l’alternativa è tra preparazione rivoluzionaria o preparazione elettorale.